28/03/2024
(158 utenti online)
Storia Carlo Borriello 18 giugno 2007 00:33 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
Il 25 luglio 1860 Francesco II, ultimo re di Napoli, firmò la Costituzione per salvare il regno e la dinastia. A Napoli si scatenò la furia popolare. Per evitare i tumulti nelle Province, le autorità ricorsero ai "galantuomini", signori e borghesi benestanti che detenevano il potere economico e politico ed erano in grado di esigere da tutti il rispetto. Questi signori divennero i garanti del nuovo ordine costituzionale.
Il popolo dei contadini e dei nullatenenti si opponevano alla Costituzione perchè la ritenevano uno strumento di potere nelle mani dei "galantuomini". A Lausdomini un gruppo di contadini si sollevarono al grido di "Viva il Re, morte ai Carbonari". La guardia nazionale ne arrestò sei come "principali schiamazzatori". Furono condannati a sei mesi di prigione.
Il 7 settembre Francesco II e Maria Sofia abbandonarono la capitale mentre il popolo festante accoglieva Garibaldi. L'Amministrazione comunale di Marigliano si affrettò a chiedere al Generale di ricevere una deputazione di consiglieri. Il Decurionato adottò allora questa deliberazione:
"L'anno milleottocentosessanta, il giorno quindici settembre in Marigliano nella Casa comunale, riunitosi il Decurionato sotto la presidenza del signor D. Giovanni Penna, in numero legale, dallo stesso si è proposto essere più che doveroso che una rappresentanza comunale abbia il bene di presentarsi al Prode Invitto Generale Garibaldi Dittatore di questo regno che ne regola i destini sotto i felicissimi auspici del Magnanimo Augusto Re d'Italia Vittorio Emanuele, e tributargli i sensi di devozione, affezione e rispetto, in nome di tutta questa Popolazione, per cui si propone: Il Decurionato a voti uniformi destina i seguenti individui, cui concede illimitati poteri, onde contegnamente adempiere ai debiti uffici verso il lodato Dittatore da parte di questa intera popolazione, niuno escluso, ad essere fedelissimo interprete dei voti della medesima". (2).
La borghesia meridionale, di fronte a un'improbabile restaurazione borbonica o a una soluzione autonomistica, spinse per l'annessione al Piemonte. Il 21 ottobre dello stesso anno i cittadini furono chiamati per votare sulla seguente formula:
"Il popolo vuole l'Italia una e indivisa con Vittorio Emanuele II, Re costituzionale e suoi legittimi successori". A Marigliano si votò nella Chiesa del sacramento. Questi i risultati del plebiscito: "1967 SI contro 7 NO su una popolazione di 10.484 abitanti".
La votazione plebiscitaria sancì l'annessione delle Due Sicilie al Piemonte. Una parte rilevante della popolazione non accettava la nuova situazione politica. I contadini, i non abbienti difendevano la causa borbonica e con essa le loro antiche e gravi condizioni di servitù e miseria. Il 30 ottobre il sindaco di Marigliano Nicotera ordinò l'arresto di Filippo Del Duca, Antonio e Pietro Buonincontro i quali "incoraggiavano i paesani ad arruolarsi per l'esercito borbonico, offrendosi di prestare anche i mezzi in quella piazza". (3). Il fenomeno della reazione aveva cause remote e prossime. "Il contadino pare vincolato dalla sua proverbiale pertinacia ai suoi tristi antecedenti che hanno prodotto lo spirito di rapina non solo, ma pure una certa fede nel Re borbone, che crede il suo Re a differenza di Vittorio Emanuele" (4).
La rivolta contadina serpeggiava in tutto il Mezzogiorno provocando il sanguinoso fenomeno del brigantaggio. Le rivendicazioni agrarie erano giuste; i contadini avevano perduto gli antichi diritti d'uso delle terre demaniali; i braccianti dovevano sottostare ai patti agrari imposti dai nuovi padroni. Essi furono spinti nell'illegalità dallo Stato unitario che non si interessò della quotizzazione della terra.
A Marigliano si consolidò il ceto dei proprietari terrieri, dei commercianti e dei piccoli industriali. Questi mantenevano intatto il controllo sulla città. Difatti gli Anselmi, i Penna, i Nicotera, i Montagna, i Calabria, i D'Alessandro, solo per citare qualche famiglia, si contendevano fra loro la spartizione dei beni demaniali e l'amministrazione del Comune.
Particolarmente vivace fu lo scontro politico tra l'ambasciatore Montagna e il senatore Calabria che furono, tra l'altro, consiglieri provinciali con Barone e D'Alessandro. Il diritto di voto veniva esercitato da un'esigua minoranza di cittadini che sapessero leggere e scrivere o possedessero un certo reddito. La stragrande maggioranza della popolazione era analfabeta e doveva lottare per tirare avanti onestamente. Essa viveva ai margini della società civile e subiva passivamente le scelte che venivano fatte sulla sua pelle.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright MARIGLIANO.net
Commenti