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Letteratura Ercole Capuozzo 05 maggio 2008 23:53 Circa 1 minuto per leggerlo stampa
Su la Repubblica del "29.2.2008", nelle pagine culturali, è stato pubblicato un articolo di Umberto Galimberti dal titolo "Quando essere vecchi significava saggezza".
Come sempre, il prof. Galimberti esprime idee molto interessanti e ci dà parecchi spunti di riflessione: sul tempo ciclico e su quello lineare; sul conoscere platonico come ricordare, che richiama il conoscere di Kant come interpretazione; sull'influenza del clima culturale sulla vecchiaia; sull'accettazione della morte perché insita nella vita; sull'importanza della tecnica, che oggi ci fa vivere più a lungo, ma che rende la vecchiaia molto spesso insopportabile con i suoi continui cambiamenti e novità che i vecchi, in genere, rifiutano.
Per questo, dice Galimberti, la vecchiaia oggi è dura da vivere. E ci viene ricordato come un tempo essa era anche saggezza, mentre oggi non lo è più. Indubbiamente, nel tempo ciclico della Società agricola il vecchio accumulava una serie di conoscenze nel campo lavorativo soprattutto, che poi trasmetteva ai giovani.
Ma ciò è soltanto un aspetto della saggezza, che ingloba, sì, l'esperienza, la sapienza, l'educazione emotiva, la razionalità, ma è qualcosa di più: è equilibrio, riflessione ponderatezza, buonsenso, agire responsabilmente e senza lasciarsi prendere la mano dalle emozioni del momento.
E ciò, in genere, è proprio di chi è avanti negli anni, perché è una delle caratteristiche dell'età non più giovanile.
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