28/03/2024
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Arte Viviana Papilio 10 settembre 2018 01:56 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
La rivoluzione sentimentale della musica.
Il 9 settembre del 1998 moriva Lucio Battisti, il cantante schivo, diffidente , inafferrabile e, forse proprio per questo, il più geniale del panorama musicale italiano.
Icona della musica leggera negli anni Sessanta e Settanta ha investito con il suo estro la scena pop, modificandola dall’interno in modo irreversibile. Se le sue musiche, di cui era arrangiatore e compositore certosino, nascevano da una ricerca febbrile ma sofisticatissima tale da creare vere e proprie sinfonie che spesso davano vita a brani più lunghi rispetto alle canzonette abituali, l’essenzialità del testo possedeva il dono di evocare immagini e sentimenti negli ascoltatori e per questo di coinvolgerli indistintamente. Quella apportata da Battisti fu prima di tutto una rivolzuione sentimentale, chi prima di lui aveva osato cantare le emozioni e le sensazioni pure dell'uomo di fronte a un tramonto o al cospetto della propria solitudine?
La sua vastissima produzione artistica viene associata immancabilmente all’autore, paroliere e amico Mogol, quel Giulio Rapetti che intesseva poesie sulle vibrazioni delle note di Lucio, rimava i sentimenti e le parole che prendeva dal quotidiano, dall’uomo contemporaneo per fonderle in atmosfere universali che ancora oggi echeggiano sulla bocca di tutti.
Emozioni, sentimenti e musica erano il vero interesse di Battisti, è solo in questo modo che si può comprendere il rapporto a tratti ostile che aveva nei confronti dei giornalisti, corteggiati e inseguiti dai suoi colleghi cantanti in cerca di notorietà, e quello così sfuggente che lo legava al pubblico. Né divo né antidivo, Lucio amava autodeterminarsi rifuggendo qualsiasi assillo discografico, rifiutandosi spesso di esibirsi dal vivo per evitare il calore del pubblico, che considerava una isteria di massa, fino a obliarsi del tutto nella sala registrazione privando di sé le scene prematuramente.
Drastico, per nulla avvezzo ai compromessi, Battisti decide di interrompere il sodalizio con Mogol, pago di quella fase artistica che ormai non lo soddisfa più, e vira verso ricercatezze musicali che possano costituire validi sostegni ai nuovi brani contenuti in cinque dischi realizzati con il supporto di Pasquale Panella. Si tratta di una rottura definitiva con la musica confortevole e leggera di quegli anni, ma al tempo stesso un superamento del cantautorato impegnato e schierato politicamente e di cui Lucio non si era fatto mai, volutamente ostinatamente e dichiaratamente, partecipe. I nuovi brani sono estetica, studio e filosofia, in poche parole una accusa alla troppo innocua, rassicurante, omologata musica del periodo. Critica sollevata non solo nei riguardi del contenuto ma adesso soprattutto alla composizione ritmica e musicale delle canzoni.
“La musica parla per me”, soleva liquidare i giornalisti. Sobrio, umile, a tratti superbo, certamente conscio del suo valore, ci ha lasciato una eredità musicale unica che riesce a farci baipassare la sua mancanza fisica. Sì, Lucio, la musica ha parlato per te, e tutti noi ci accordiamo alle parole di encomio del Presidente Mattarella ma anche a quel commosso desiderio di Mogol: “mi manca più di tutto una sua melodia, vorrei scrivere un’altra canzone insieme”.
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