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Politica Alfredo Strocchia 18 agosto 2020 17:27 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANO - Il primo treno che mi portò lontano lo presi per un viaggio di piacere; lo ricordo nitidamente, gremito di timori giovanili, timidi e frementi su binari che non sapevo dove portassero davvero. Anche il primo treno preso per lavoro lo ricordo come fosse ieri, trainato dal senso del dovere, sbuffante di malinconia e spinto dall’angoscia che provai nel guardare gli occhi di chi lasciavo in stazione. Ho sempre considerato le stazioni luoghi magici, nel bene o nel male. A volte sono punto di partenza, ricordano un ultimo bacio; altre volte sono fermata di passaggio, rubano uno sguardo inatteso; altre volte ancora sono meta desiderata, fanno sognare il prossimo abbraccio. Tra quell’odore di ferro rovente, ferodo bruciato e fiori tremanti sull'arido cemento al passaggio di macchine mostruose s'intravedono sogni, speranze, addii e rimpianti. Sono tutte diverse le stazioni, ma tutte incantate dalla stessa meravigliosa e indefinita malinconia.
La stazione FS di Marigliano, a dirla tutta, non ha mai avuto un gran fascino, forse perché parte di una ferrovia nata più per le merci che per le persone. Quel poco appeal che aveva l'ha perso da tempo, svanito col fischio di quell'ultima littorina vuota che alle dodici e trenta annunciava al liceo che la giornata scolastica volgeva al termine. Oggi la stazione versa in stato di totale abbandono, condizioni di assoluto degrado e rappresenta, probabilmente, la più vistosa criticità del centro cittadino, di cui, però, nessuno sembra curarsi davvero.
L’edificio della stazione si trova immediatamente a ridosso del centro urbano, a lato della villa comunale e alle spalle dal lato nord del Corso Umberto. L’area nella sua totalità, compresi i vecchi binari, si allunga da Via Settembrini fino a località Santa Barbara. In parte è stata cementificata per creare un necessario, ma troppo assolato, parcheggio. Una parte è stata destinata ad area di gioco per cani, un po' sottodimensionata, senza verde e, comunque, lasciata all’incuria sociale. Per lungo tempo, la parte della ferrovia situata di fronte al liceo Colombo, è stata utilizzata come canile abusivo, ospitando i randagi della città in miserabili e insane cucce di fortuna. In seguito è andata peggio, perché divenuta una vera e propria favela, quando nelle putride baracche sull’asfalto, fatte di legno, tapparelle usate e stracci ci hanno trovato alloggio di passaggio alcuni extra-comunitari senza migliore dimora. Il lato sud dei binari non ha fortuna migliore, pur essendo prospiciente alla principale strada cittadina. Il tutto condito da una fitta vegetazione selvatica, solo in parte e saltuariamente curata, habitat ideale per roditori e alveo privilegiato per incivili lasciti urbani più o meno solidi.
Gli impedimenti al recupero dell’area sono un paio; il primo ostacolo è la necessità di un accordo tra Comune e Ferrovie dello Stato, che probabilmente sarà ricco di lungaggini burocratiche e foriero di incomprensioni tra enti differenti; il secondo ostacolo è la buona volontà di mettere in pratica un tale accordo, volontà abilmente taciuta lungo la fumosa linea amministrativa che segna il confine tra il difficile e l'impossibile.
Come in ogni criticità, anche nel caso della ex stazione FS di Marigliano c'è un potenziale lato positivo.
La realizzazione di un parco urbano sembra la destinazione d'uso più ovvia per il recupero dell'area che va dall'attuale parcheggio fino al cavalcavia di Santa Barbara. Appare anche la soluzione più semplice ed economica, visto che non sarebbero affatto necessarie grandi opere pubbliche; uno sterrato con alberi o un pratone con qualche attrezzatura sportiva sarebbero pur sempre meglio dell’attuale “favela” ferroviaria. Potrebbe essere un polmone verde per la città e un'importante area di sfogo per le tante attività all'aria aperta che oggi trovano spazio in strade secondarie di campagna o tra lo smog cittadino. Infine, sarebbe un adeguato ammortizzatore d'impatto per l’uscita degli studenti del liceo.
L'abbattimento del vecchio e malandato muro di tufo che separa l'area ferroviaria dalla città, sovrastato da un'inutile quanto arrugginita rete metallica, dovrebbe essere la giusta fine di una linea evidente di margine, che, come ogni delimitazione urbana, circoscrive il degrado legittimandolo nei suoi spazi.
Il recupero dell'area dei binari che corrono lungo Via Settembrini consentirebbe l'allargamento di una carreggiata troppo stretta, senza marciapiedi né parcheggi, a cui è chiesto di sopportare un intenso e insostenibile traffico scolastico.
L'area di parcheggio già realizzata sul precedente scalo ferroviario manca, evidentemente, di ombrosi alberi, il cui impianto abbasserebbe la temperatura del rovente asfalto (circa 4000 metri quadri), trasformandolo in un fresco serbatoio d'ossigeno, di cui tutti dovrebbero sentire la necessità in una realtà urbana dove la percentuale di verde è al di sotto di qualsivoglia standard mai fissato al mondo.
Infine, il recupero estetico dell’edificio della stazione non sarebbe una cattiva idea, per vestire d'un certo fascino la nostra vecchia stazione.
Queste sono solo idee vaghe, tirate giù in poche righe e senza troppe pretese. Ben vengano idee migliori e progetti più saggi, purché si metta fine ad un simile scempio, nonché spreco di opportunità.
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