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Cronaca Andrea America 06 settembre 2014 00:06 Circa 10 minuti per leggerlo stampa
Un racconto di Andrea America
Era una mattinata di fine agosto, il sole attraverso i vetri della finestra di casa che affaccia sul Corso Umberto di Marigliano, mi avvisava che stava andando via per lasciare spazio ad una nuvola prepotente che oscurava il cielo e minacciava di scaricare acqua a catinelle. Avevo appena fatto colazione con fette biscottate e marmellata di ciliegie, senza accorgermi che la data di scadenza sul barattolo era di gran lunga scaduta, quando sento una musichetta provenire dalla tasca della mia giacca in lino celeste poggiata sulla sedia in legno. Era la suoneria del mio vecchio e inossidabile smartphone Black Berry che trillava il motivetto della pantera rosa. La voce invece era del rompiballe Sigismondo Testone, mio superiore e questore di Napoli: "Commissario Manettone, buongiorno a te e scusami. So bene che stai in ferie, ma oggi devi fare un'eccezione. Mi è giunta una soffiata. Al tuo paese, in un sottotetto abusivo del quarto piano di un palazzo ristrutturato da poco tempo da un noto speculatore, in via Vecchia 783, c'è uno spacciatore, un tale Rosario Ficabella, pericoloso pregiudicato, che nasconde nel frigo una busta in plastica piena di cocaina. Devi andare ad arrestarlo e sequestrare la roba. Fai Attenzione e trovati pronto, tra poco passeranno a prenderti con una Fiat bianca, l'ispettore Cioffi e il brigadiere Roccia.
Ti raccomando, calma e decisione, acqua in bocca e non dire niente ai carabinieri. Quella telefonata mi scombussolò il programma della giornata, in quanto avevo appuntamento con la mia ragazza per andare insieme al Santuario di Montevergine, e nel pomeriggio avrei dovuto incontrare il professore Capasso per acquistare delle ottime stampe a prezzi eccezionali di Warhol e Pollock. Erano trascorsi appena dieci minuti ed ero già pronto, vestito, pistola nel fodero e colpo in canna. Alle nove e trentacinque, io, l'ispettore e il brigadiere, eravamo di fronte al palazzo in via Vecchia, senza sigarette, senza giornali, senza aver dato la ciotola di latte al mio micione nero lasciato solo a casa. In aggiunta con il cerchione della ruota sinistra della Fiat ammaccato, a causa della disastrosa pavimentazione del Corso Umberto. L'ispettore Cioffi, tifosissimo del Napoli e tirchio da morire, vestito da rapper con le cuffie alle orecchie, scarpe da ginnastica, pantaloncini larghi e pistola nascosta nella coppola rossa con visiera, rimase di guardia all'ingresso del palazzo. Io e il brigadiere Roccia, salimmo per le scale fino al quarto piano. Una targa in ottone sulla porta in legno noce con la scritta Rosario e Anna Ficabella, ci bloccò. Pigiammo una, due, tre volte.
Ad aprirci finalmente fu una donna sulla trentina, di media statura, carnagione bruna, taglia 54, capelli corti biondi, occhi impapocchiati di trucco, rossetto rosso fuoco sulle labbra e un viso da zoccolona. " Chi cazzo è che sta bussanno comme a nu pazzo? “. Indossava un jeans nero, un top arancione che lasciava scoperto l'ombelico e il pancione, un paio di orecchini d'argento a forma di pigna d'uva. " E allora? Chi siete? Vi manda qualche buon amico? ". “Ci scusi signora sono il commissario Manettone “ "Ah... Ho capito siete il nuovo commissario prefettizio di Marigliano venuto dopo la schifezza dello scioglimento del consiglio comunale?" “Niente affatto signora, sono il commissario di polizia e cerchiamo suo fratello Rosario”. " A chi vulite? Rosario? Io sono Anna, sua sorella, perché lo cercate?". “ Guardi signora, non devo darle alcuna spiegazione. C'è lo chiami un attimo e faccia presto”. " Calma, calma, non agitatevi, Rosario è di la, potete andare da soli. La sua camera è di fronte a voi ". Lasciai il brigadiere di guardia alla cicciona e pistola in pugno mi avviai vero la porta di Rosario. Attraversai la stanza di Anna evitando un coscia di pollo, degli scarti di frutta, scarpe, pantofole, calzini, altra chincaglieria sparse sul pavimento mattonato tra il fumo delle sigarette, uno strano odore di caffè, tre lettini a castello, quattro o cinque sedie in plastica, un armadio color bianco sporco, la statuetta di San Gennaro posta sul cassettone sotto il quadro della Madonna di Pompei, un televisore di 55 pollici appeso alla parete. Quest'ultimo era acceso. Tanto per cambiare, sullo schermo c’era l'immagine del giovane presidente del consiglio che annunciava e prometteva. Prometteva e annunciava. Ma ormai non attrae più. Dice, ripete e promette, sembra il tormentone dell’estate.
Bussai e aprii la porta della stanza di Rosario. Sul letto, con la schiena rivolta verso l'ingresso, era seduta una signora. Aveva capelli lunghi neri, un reggiseno color carne e un depilatore tra le mani. Si ammirava nello specchio rettangolare, con cornice in plastica, fissato alla parete. E adesso chi è sta stronza, mi chiedevo. Vuoi vedè che stu cornutone e Rosario è scappato. E non c'era neanche il frigo. Rinchiusi subito la porta e mi rivolsi di nuovo alla chiattona: “Signora Anna dei miracoli, forse non sono stato chiaro, io cerco il signor Rosario, adesso mi dica dove sta, altrimenti la porto in questura. Ha capito bene? “. Commissario è inutile che alluccate pecche' nun facite paura a nisciuno. Vi ho detto che Rosario sta into a stanza soia". Ripartii, pistola nella mano destra e colpo in canna, ma non senza dare uno sguardo in cucina e nel bagno e aver dovuto sopportare una puzza indescrivibile fino a chiedermi: ma che schifezze mangiano in questa casa. Riaprii la porta. Stessa persona, stessi capelli, stessa schiena, con spalle abbronzate dove spiccavano il tatuaggio di una grande aquila a destra e un drago colorato a sinistra. “Scusi signora, mi dice dove sta il signor Rosario?”. Si girò lentamente, avevo la pistola puntata, ma sorpresa; ebbi di fronte un viso liscio, truccato all'inverosimile. Una donna bellissima. Si infilò una camicetta celeste, dalla quale fuoriuscivano due seni spaventosi, poi con voce dolce rispose:" Se cercate il signor Rosario sono io. Voi scommetto siete il commissario Manettone". E mi allungò la mano destra con delle lunghe unghie smaltate di rosso. Per un attimo non sapevo cosa rispondere. Rosario Ficabella era proprio una fica bella. Una bella donna, anzi no, un trans.
Mi mostrò il documento d'identità aggiungendo: Tenete presente che all'anagrafe risulta Rosario ma io mi chiamo Rossella". “E si mo' ti chiamo Rossella O'Hara, così facciamo Via col vento”. " Cosa dovrei rispondervi? Domani è un altro giorno? Oppure, benvenuto Commissario Montalbano?". Fu un impatto inaspettato, che durò solo un attimo ma non senza riportarmi alla mente il povero Marrazzo e i guai che ha passato. Il tempo di chiamare il brigadiere Roccia per dirgli: questo è il signor Rosario che dobbiamo arrestare. Nel frattempo, Rosario senza scomporsi, ancora in slip a righe di colore nero azzurro, e collant da fare invidia alle escort del Cavaliere, si alzò in piedi su degli zatteroni altissimi, legò i capelli a coda di cavallo con un elastico e, dopo essere andata avanti e indietro nella stanza con una gestualità plateale, si fermò. Con grande calma e, con tono niente affatto sorpreso, riprese: " Siete venuto ad arrestarmi, ma andateci piano". Il brigadiere Roccia con lo sguardo fisso ai colori dello slip, mormorò:- ti pareva che non fosse interista? Forza Napoli.- Ed io ripresi: “ Ma quale piano e calma, muoviti, vestiti, copriti quelle zizze che sono indecenti e dimmi dove sta il frigo. E fai presto”. "" Commissà io qua ti volevo". “Cos'è questo tu, che stai parlando con tuo fratello?” " Calma commissario, voglio innanzitutto dirvi che in questa casa non c'è alcuna droga e la soffiata al questore l'ho fatta io. E' una storia inventata di sana pianta, se volete la prova di quello che dico sta nel frigo, basta aprirlo e troverete solo una busta con dentro polvere di borotalco. Ho inventato tutto questo nella speranza che avrebbero mandato voi ad arrestarmi, perché mi risulta che dietro la scorza dello sbirro si nasconde una brava persona, molto umana e sensibile alla quale posso chiedere di aiutarmi. Commissà voi mi dovete aiutare". “ Mi dispiace, non dire stronzate, perché devo fare il mio dovere". " Commissà fate quello che volete, picchiatemi, arrestatemi, ma aiutatemi ad uscire dall' inferno in cui vivo". “ Si può sapere che cazzo vuoi da me, dai parla e non farmi perdere la pazienza”." Commissà io sono una persona sfortunata, ma sono onesta.
Sono stata sfortunata sin dalla nascita perché mia madre morì quando io avevo sei anni e già mi sentivo femminuccia. Purtroppo la mia famiglia non mi ha mai aiutato a farmi sentire donna, mi hanno solo sfruttata. Tenete presente che il primo a violentarmi all’età di dieci anni, fu mio padre, appena uscito dal carcere, il quale, dopo per racimolare denaro mi faceva subire tutte le brutalità dai suoi amici. Fino a indurmi alla prostituzione con l’avallo dei miei fratelli. Ecco perché chiedo il vostro aiuto. Voglio rompere le catene che mi tengono prigioniera, smetterla di prostituirmi, cambiare vita e possibilmente cambiare nome e genere. Io sono donna a tutti gli effetti e come tale voglio essere riconosciuta e apprezzata. Commissà, dovete sapere che queste zizze, questo culo e queste labbra d'oro sono l'assicurazione sulla vita non solo dei miei familiari, ma anche di quei fottuti camorristi che impongono una tassa su tutte le attività produttive della prostituzione. E sapete perché pago e perché sono costretta a battere? Perché l'alternativa è la devastazione dei beni d'impresa, uno sfregio al viso, un seno tagliato, il culo martoriato, le gambe spezzate. Che dirvi, che mi sento carne da macello, ogni volta che sono costretto a battere, ogni volta che incontro un poliziotto e mi chiede un documento di riconoscimento, ogni volta che vedo gli occhi di un ragazzo che mi guarda con sberleffo, ogni volta che vado in chiesa e il parroco non mi saluta. Mi sento continuamente violentata e senza protezione. Io non voglio più prostituirmi, voglio amare ed essere amata. Con queste labbra voglio baciare, abbracciare e stringere la persona che amo, non voglio essere una condannata a vita. Commissà, credetemi non ce la faccio più, mi vergogno di quello che faccio, mi sento donna come tutte le altre e voglio vivere ed essere trattata da donna. Io voglio amare ed essere amata, senza pregiudizi e senza discriminazioni. Aiutatemi a liberarmi dai miei sfruttatori, perché da sola non c'è la faccio.
Sappiate che a me fanno schifo i camorristi e gli spacciatori, ma ho paura che potrebbero vendicarsi e ammazzarmi. Vi confesso che a volte ho pensato finanche al suicidio, piuttosto che continuare a vivere in queste condizioni. Per questo ho fatto la spiata, per farvi venire a casa, parlarvi da vicino e per farmi proteggere. Dico questo perché oggi più che mai ne ho bisogno in quanto sono innamorata. Ho conosciuto uno straordinario ragazzo e ci amiamo, ci vogliamo bene e vorremmo andare a vivere insieme e in pace. Commissà io voglio vivere una vita normale, voglio lavorare onestamente perché sono una brava sarta, non voglio essere una creatura di frontiera. Voglio essere quella che sono, una donna, una femmina con il diritto a vivere una vita degna di essere vissuta". E scoppiò in un lungo pianto. Mi venne meno la parola, non sapevo cosa dire, ero imbarazzato ed emozionato. L'assicurai che comunque l'avrei aiutata. Mi aveva quasi contagiato. Del resto pensai, la mia funzione non è quella di combattere la camorra e affrancare gli oppressi? L'abbracciai e gli augurai buona fortuna, lasciandogli un bigliettino da visita col mio numero di telefono. Si alzò sulle punta dei piedi, venne a darmi un bacio sulla guancia e mi accompagnò fino all’uscio della casa. L'altro giorno nonostante il paese e le strade fossero allagate è venuta a farmi visita. Mi ha abbracciato e regalato “Donne” l’ultimo libro di Andrea Camilleri. Mi fatto conoscere il suo ragazzo, che guarda caso, somiglia stranamente all'ex attore Clark Gable, da giovane. Mi ha annunciato sorridendo e felice come una pasqua che entro novembre prossimo si sposeranno con rito civile. Una bella notizia. Una bella giornata. Auguri Rossella a te, e al capitano Rhett Butler. Domani è un altro giorno.
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