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Cronaca Andrea America 19 giugno 2014 00:34 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANELLA - Complimenti al maresciallo dei carabinieri di Marigliano, Di Donato, per essere intervenuto e per aver chiuso uno dei centri scommesse. Nell’occasione vorrei sviluppare un ragionamento sui centri e sulla ludopatia: malattie del gioco; ossessione compulsiva per il gioco d’azzardo. Ludopatia- tossicodipendenza: uguali conseguenze catastrofiche. La funzione cardine delle istituzioni locali dovrebbe essere quella di discuterne, confrontarsi, informare, vigilare, prevenire, definire regole, affrontare il problema soprattutto dal punto di vista del sociale e amministrativo. Invece, assistiamo a sindaci e alcuni amministratori, che parlano e straparlano. senza alcuna cognizione. Continuano a rilasciare autorizzazioni per l’apertura di nuovi centri scommesse e finanche a partecipare all’inaugurazione con la fascia tricolore.
Trascurano, fingono, ignorano del tutto il campo del sociale e della prevenzione. Di fronte ai problemi seri e gravi come la malattia per il gioco d’azzardo e per i videopoker, questi amministratori sembrano i personaggi del divertente libro “ Benvenuti in casa Esposito”. Sperimentano un linguaggio fantascientifico pur di fare notizia, senza dire nulla di serio. Fanno solo il fumo con la manovella. Sembrano dei ludopatici dell’immagine e della chiacchiera. Parlano, tanto per parlare. Ignorano che il gioco d’azzardo è una malattia “vizio” da sempre esistito e che ci sono già una serie di leggi vigenti da applicare e rispettare. Il compito delle amministrazioni è di prevenire, vigilare, intervenire. Alcuni sindaci della nostra zona, stanno procedendo quasi come un fatto di moda all’ approvazione di regolamenti ciclostilati per il contrasto alla ludopatia. Nel caso si vorrebbe contrastare il gioco d’azzardo e aiutare i soggetti afflitti dal disturbo ossessivo complessivo e irrefrenabile. Intenzione nobile e da apprezzare. Ma bisogna distinguere la funzione amministrativa da quella medico- sanitaria.
E’ importante capire innanzitutto le insidie che si nascondono fra i giovanissimi e gli adolescenti. Fra le donne e i malati cronici del gioco. Altrimenti si suona ad orecchio e si parla a vanvera. Ci deve essere la consapevolezza che una materia del genere richiede analisi e ricerche specifiche sul territorio, indagine sul disagio sociale e giovanile, strutture sanitarie idonee. Necessitano la buona amministrazione, una serrata vigilanza, dei coordinamenti e osservatori intercomunali, con la presenza di esperti, rappresentanti della scuola, della sanità, delle forze dell’ordine, delle famiglie e della cultura, e perché no, anche di ex vittime della ludopatia. Non sarebbe da scartare neanche una verifica seria sui padroni del gioco, dei centri e delle macchinette, che sembrano a stragrande maggioranza essere esponenti del crimine organizzato. C’è di vero invece, che mentre “lor signori” delle amministrazioni, approvano regolamenti fotocopiati e mancanti di analisi socio economiche e territoriali, allo stesso tempo continuano a tenere il paese in stato di abbandono. Pensano che l’unico modo per aiutare i ludopatici sia quello della pioggia che allaga le strade e ti tiene intrappolato in casa, ignorando perfino che esiste il gioco on line.
E così continuano a venire meno al loro ruolo istituzionale. Latitano sulle questioni del tempo libero, della cultura, del disagio sociale, delle povertà, dell’istruzione, della crisi, sui problemi del lavoro e sulle disuguaglianze. Ignorano che i problemi del gioco d’azzardo, dei videopoker e delle macchinette, così come quello delle droghe e tossicodipendenze, vanno affrontati e analizzati in un discorso di più ampio respiro. All’interno di un’idea di sviluppo, di vivibilità e solidarietà umana. Occorre avere metodo, strumenti, soggetti idonei, distinzione dei ruoli. Diversamente si finisce col puntare il dito contro il giocatore e piuttosto che aiutarlo si rischia di ghettizzarlo. Occorre che le amministrazioni comunali affrontino il problema nell’ambito del riordino complessivo della comunità locale, con una visione prospettica, dando risposte alle situazioni di isolamento in cui si trovano i giovani e gli adolescenti. Dando risposte al loro sentimento a voler ammazzare il tempo, a voler vincere qualcosa di soldi, alle delusioni, ecc.
Gli amministratori devono chiedersi come e dove i giovani possano trascorrere il tempo libero, come realizzare momenti e punti d’incontro, spazi e strutture attrezzate, strategie di autocontrollo. Come rendere i giovani protagonisti e soggetti importanti e partecipativi nelle scelte. Confesso che nel vedere questi amministratori discutere della ludopatia e delle iniziative da assumere, rimpiango non di poco i vecchi oratori parrocchiali e l’importanza che essi hanno avuto nella crescita e nella formazione dei giovani. L’oratorio era un punto di incontro, di svago, di crescita umana. Allora, eravamo i “ludopatici” del calcio balilla, del ping pong, dello scopone, del tressette, dell’amicizia e della buona educazione. Voglio bene e apprezzo Don Ginetto, un vero intellettuale e pastore di Dio, oltre che uomo sincero e leale, eppure mi chiedo perché i parroci invece di rincorrere gli altri, non rivendicano la loro autonomia, magari, anche con “i dieci comandamenti” di aiuto alle vittime del gioco d’azzardo e se possibile con il rilancio dell’oratorio? Sarebbe bello vedere e sentire la voce dei parroci dire: “ Signori, fate il nostro gioco”. “Sindaci siate seri”.
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