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Cronaca Andrea America 15 giugno 2014 23:37 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANELLA - Ieri mi sono ritrovato con la foto in mano degli anni in cui frequentavo la scuola elementare. Eravamo in quarta e quello sulla destra col viso da scugnizzo è il mio amico Pasquale Capasso. Un ragazzo vispo e intelligente. Era il 1954. Pasquale, l’ex geometra capo del Comune di Mariglianella, da qualche mese non c’è più. Una grave malattia se l’è portato in cielo fra gli angeli. Ancora non riesco a crederci. Mi riesce difficile passare per il bar della Esso e non ritrovarlo più con gli altri amici a discutere di sport e della nazionale italiana di calcio. E pensare che fino a pochi giorni prima di morire, ci sentivamo continuamente per telefono e concordammo che appena sarebbe guarito, avremmo riunito tutti gli amici di scuola presenti nella foto per trascorrere una serata insieme con le nostre famiglie. Pasquale era stato il mio più acerrimo avversario politico a livello amministrativo. Ma sempre a viso scoperto e senza mandarmelo a dire.
Sembrerà strano, ma Pasquale è stato anche uno dei miei migliori amici. Sono stato il suo sindaco, ma non posso che parlarne bene. Nei miei confronti non è venuto mai meno al senso di responsabilità e al rispetto dei ruoli. Puntualmente però, ad ogni elezione litigavamo, anche duramente, fino a sfiorare la rissa, e puntualmente qualche mese dopo eravamo insieme al bar a scherzare, stringerci la mano e consumare un caffè. A volte anche in qualche pizzeria, in compagnia di altri amici. Il motivo principale del litigio era dovuto al solo fatto che non condividevo il venir meno della sua imparzialità durante le elezioni amministrative. Non ero d’accordo che il tecnico comunale facesse politica. Pasquale era fatto così, un bravo marito, un ottimo genitore, testardo uomo dai principi rigidi, ostico nel carattere, orgoglioso della professione, vendicativo nei confronti degli avversari, amante del potere. Ma non veniva mai meno ad una parola data. Spesso riteneva “sbagliando” che il Comune fosse la sua azienda, per cui anche gli assessori dovevano attenersi alla sua volontà.E questo gli procurava impopolarità e antipatia. Allo stesso tempo si prodigava fino alla morte per gli amici.
Non pochi imprenditori edili locali devono all’amicizia con Pasquale le loro fortune economiche e imprenditoriali. E anche amministrative. Senza di lui alcuni di questi signori starebbero di certo ancora con il muco al naso e con la casa in fitto. Guarda caso, sono gli stessi che negli ultimi anni hanno pensato solo a se stessi, ignorando tutto il bene ricevuto. Dopo averne approfittato e averlo spremuto come un limone, fino a quando ricopriva la carica di geometra capo, ne hanno preso le distanze, fino a lasciarlo solo. Negli ultimi tempi Pasquale spesso me lo confidava e ne era amareggiato. Non riusciva a darsi pace per la ingratitudine di alcuni amici approfittatori. E non solo da parte di amici. Lo confortavo portandogli l’esempio di coloro che mi hanno tradito per un cestino di fragole e cemento. Di persone che nel mentre giuravano eterna fedeltà filtravano di nascosto con “il nemico” per un briciolo di potere o una sporca promessa.
Conoscendolo da ragazzo e sapendo che Pasquale, era di animo buono, un sentimentale legato ai sani valori, mi toccava consigliargli di non prendersela e non serbare rancore per nessuno. Sapevo anche che Pasquale era incapace di odiare. Gli dicevo che comunque doveva perdonarli, non pensarci sopra e ritenersi un uomo fortunato, perché non tutti hanno la gioia di avere al proprio fianco una donna perbene e moglie bravissima come la sua, tre figlie laureate che sono la fine del mondo e al di sopra di una gretta e invidiosa mentalità paesana. Ricordo di averlo visto fuori l’edificio della scuola elementare qualche mese prima del Natale scorso. Pioveva e come un nonno felicissimo, teneva il nipotino per mano sotto l’ombrello. Mi faceva tenerezza, era uno spettacolo a colori il suo viso da nonno felice.
Sorridendo lo guardai e pensai a noi da bambini, quando uscivamo dalla scuola e non c’era nessuno ad aspettarci. Io, Pasquale, Vincenzo, Tonino, Felice, Salvatore, appena fuori dal cancello, facevamo a gara a chi raggiungesse per primo Piazza Vittorio Veneto, con la cartella in mano e dentro il libro, due quaderni e il sussidiario. Pasquale era velocissimo e ci rimaneva male se a volte arrivava secondo. Anche nella vita, successivamente non ha mai smesso di correre e gareggiare. Ma fra i difetti che pure aveva, ha avuto il pregio di tenere sempre lo sguardo rivolto all’indietro per aiutare quelli che stentavano a correre. Ostico nel carattere, anche nelle opere caritatevoli, ma di grande umanità. Un forte devoto di San Giovanni, un esempio di genitore. Pasquale Capasso, classe 1945. Un vero amico. Un ottimo geometra. Un avversario politico leale che mi manca, meritevole di affettuoso e sincero ricordo.
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