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Cronaca Andrea America 25 agosto 2013 02:28 Circa 8 minuti per leggerlo stampa
MARIGLIANELLA - L’altra sera ritornando a casa un’ora dopo la mezzanotte al volante della mia Fiat Panda, col finestrino completamente abbassato per godermi un pochino d’aria fresca dopo una giornata bollente, lasciavo Napoli immersa nel paradiso di luci che addobbano la costa con il golfo che da un estremo all’altro pareva una mezza luna coricata su un fianco, affaticata da chissà quante notti, li in alto ad osservare il mondo. A qualche chilometro dal casello autostradale per Pomigliano con i fari delle auto provenienti dal senso opposto che emettevano strani bagliori, dove la siepe che divide le due corsie è bassa e spoglia, mi sono fermato nell’area di servizio per fare rifornimento di carburante visto la lancetta ferma sullo zero.
In contemporanea dallo stereo sintonizzato su “Radio Kiss Kiss Napoli” Iovanotti cantava: “Vieni via con me-Lasciati andare vieni -Scappa con me….Ti porto via con me…..”- seguito subito dopo dalla voce di Gianni Morandi con una canzone degli Anni '60 “Si fa sera-siamo solo noi due a due passi dal mare…”.Una vecchia canzone quest’ultima che si è messa a stuzzicare la memoria e costretto a fermarmi sulla corsia d’emergenza. A sentirla si è sbobinata d’un colpo quello spezzone di pellicola in bianco e nero del 1965, l’anno della mia prima auto una Fiat 500 con la benzina che allora costava 125 lire al litro, l'anno di Giuseppe Saragat eletto presidente della repubblica, Vittorio Adorni vincitore del giro d’Italia, Felice Gimondi trionfatore al Tour de France e l’Inter del presidente Angelo Moratti allenata da Helenio Herrera, faceva il bis con la coppa dei Campioni, battendo nella finale il Benfica per uno a zero, con rete segnata da Jair che giocava in attacco con Mazzola, Peirò, Suarez e Mariolino Corso detto il Mancino di Dio.
Fu l’anno anche dell’Oscar assegnato al regista Vittorio De Sica per il film “Ieri, oggi e domani”. Ma la canzone di Morandi più di tutti mi ha ricordato in particolare la turbolente festa dell’ultima domenica del mese di agosto a casa del nostro amico Salvatore. C’eravamo dati appuntamento per ballare sulla terrazza arredata con luci colorate, non mancava nessuno dei ragazzi e ragazze della nostra comitiva. C’era Concettina con i suoi capelli lunghi che si credeva la Gina Lollobrigida del paese, Consiglia scalza come la cantante Sandie Shaw, accompagnata dalla mamma rimasta giù in compagnia della padrona di casa, Maria la più brava di tutti da qualche mese diplomata con la media del nove e dieci, Pina la secchiona tutta profumata col suo immancabile fratellino, Lina universitaria che dava lezioni di latino, Carmelina che sembrava la piccola fiammiferaia, Angelo il piccoletto con i capelli a caschetto che imitava Paul Mccartney anche nel cantare –Yesterday all my troubles seemend so far away.Non it looks they ‘re here to stay.Oh, I believe in yesterday…..- Peppino,mezza sega,”malato” per i balli lenti “del mattone” aveva con se i 45 giri “Roberta” di Peppino Di Capri, “Una rotonda sul mare” di Fred Bongusto, “Legata a un granello di sabbia” di Nico Fidenco, “Vedrai Vedrai” di Luigi Tenco, e per accontentare Assuntina “a chiattona” verso la quale aveva un debole portò anche il disco di Louiselle “Andiamo a mietere il grano” classificatesi qualche mese prima al quarto posto del Disco per l’estate vinto da Jimmi Fontana con la canzone Il Mondo.
C’era anche Tonino, universitario, figlio adottivo di Don Ciccio ‘o napoletano, fanatico ballerino del Twuist,con i calzoni a zampa d’elefante, Felice il democristiano venuto di nascosto dai genitori i quali volevano che il figlio frequentasse soltanto amici di famiglie ricche e importanti, Salvatore capitano di lungo corso, Ciccio, giovane militante comunista con i capelli a spazzola, ex seminarista, fissato della rivoluzione, che non sapeva ballare. Elsa col suo visino triste, pudica e discreta era seduta e silenziosa nell’angolo pronta a scappare nel caso fosse giunto il padre. E come sempre c’era il pettegolo ragioniere Lellone, con il suo alito che sapeva di aglio e cipolla alla ricerca invano di qualche Tango o Mazurka per ballare. C’eravamo tutti e tutti abbronzati, fra spensieratezza e allegria, reduci dalla villeggiatura a Mondragone, Ascea, Sorrento, Ischia.
Eravamo come una sola famiglia e la diversità degli studi non era avvertita come una differenza di classe che discriminava le amicizie, anche se non mancava quel pizzico di ipocrisia, classico della provincia di quegli anni. Il cielo sopra di noi era azzurro e senza una nuvola e le campagne erano in pieno rigoglio, nessuno avrebbe immaginato che questo territorio potesse diventare il triangolo della morte. E come era saporito mangiare il panino con la mortadella, mentre il cuore era in pace con se stesso; la scuola oppure l’officina rappresentavano la nostra pedana di lancio per entrare nel mondo del lavoro: portavamo nel cuore sempre una canzone, il sacrificio era il nostro companatico e negli occhi avevamo la speranza di un avvenire che riscattasse la vita di stenti dei nostri genitori. Il cortile e le viuzze erano il nostro mondo. Si ballava e scherzava, amori e delusioni, occhiolini, saluti, bacioni e bacetti per tutti. Nonostante fossimo all’aperto sul terrazzo faceva un caldo da morire. Coca Cola e aranciate, limonate e Chinotto, Idriz e Idrolitina, si beveva, ci si riposava e si ballava. E si canticchiava. E poi c’ero io, metalmeccanico, socialista, cattolico, con pantaloni bianchi e camicia a righe blu a mezze maniche che preferivo I Rolling Stones ai Beatles, dopo il successo quell’anno di Satisfaction, un pezzo di puro rock, suonato con passione e precisione e con la rabbia e l’irritazione di Mick Jagger.
La voce di Jagger esprimeva il malessere nascente di una generazione che si affacciava alla vita. Tempo neanche un'ora e Pasquale aveva mangiato di nascosto in un intero vassoio di pasticcini. Felice non si allontanò' neanche un minuto da Claretta. Saverio con gli occhiali da sole adatti per la luna, aveva sempre domande da fare per tutti. Rosa e Lisarella si tenevano per mano sedute sul dondolo aspettando che qualcuno le invitasse a ballare. Eppure successe quello che non doveva succedere. Dal nuovo giradischi a valigetta portato da Pasquale, fuoriuscivano una sequenza di canzoni “Io che non vivo, più di un’ora senza te…di Pino Donaggio, Una lacrima sul viso, di Bobby Solo, seguita da Gianni Morandi con “ si fa sera…..” ma Mimì con maglietta bianca e jeans alla James Dean, non ballava. Era fermo al centro del terrazzo e discuteva animatamente con Franca la sua fidanzata, abbronzata, nerissima, con gonna bianca a fiorellini e camicetta celeste. All’improvviso si sentì Mimì gridare “Mo’ basta!”, prima di allungarle uno schiaffo in pieno viso che la fece finire addosso a Peppino il quale stava ballando core ‘a core con Raffaella. Franca raccolse il fermacapelli caduto per terra e si diresse di scatto verso la sala da pranzo. Si rinchiuse dentro e non volle parlare con nessuno neanche con Consiglia,la sua migliore amica,ma i suoi singhiozzi ininterrotti erano più eloquenti di qualsiasi discorso. Il comportamento di Mimì fu da tutti decisamente condannato e le sue scuse non servirono a riportare la pace con Franca, né serenità alla festa.
Chissà come e da chi informata, alle dieci in punto, giunse veloce come una lepre la mamma di Salvatore, la padrona di casa, la quale, senza chiedere niente a nessuno, andò dritta dritta verso Mimì, fece una ramanzina “ al dio biondo” e gli mollò due ceffoni in pieno viso, aggiungendo: “Non ti permettere mai più in casa mia di mettere le mani addosso a una ragazza!”, e con tono imperioso lo invitò ad andarsene immediatamente. Seguirono discussioni fra difensori di Mimì e difensori di Franca, fra chi diceva che Mimì aveva ragione perché Franca era stata vista la sera prima fare la stupidella sulla stazione, alle nove meno un quarto, con uno stronzetto di fuori paese, e chi diceva che Mimì comunque aveva sbagliato ad alzare le mani.
Alberto che fumava di continuo e aveva una teoria tutta sua sulla donna non manco' di aggiungere che Mimì aveva ragione perché era innamoratissimo di Franca ma lei lo trattava come uno straccio da piedi. Ma dopo una ventina di minuti la discussione si animò, incominciò a volare qualche schiaffo e qualche calcio, col risultato di ritrovarci con le magliette strappate, i dischi rotti e la mamma di Salvatore che ci cacciò via con la scopa. Continuarono settimane di chiacchiere, chiarimenti e pettegolezzi inutili. Fallirono tutti i tentativi di scuse alla padrona di casa, naufragò ogni tentativo di pacificazione fra Mimì e Franca, i quali decisero di non parlarsi e non vedersi più. E neanche i loro genitori si salutarono più. Neppure la domenica riuscì a far tornare la pace quando si incontravano in chiesa, alla messa delle undici e trenta. E la comitiva si sfasciò. E adesso che sono giunto fuori casa la voce del rapper Clementino su Radio Marte canta: “Me sient’ song’a voce- e ‘chi nun ten’ nient- mentre partono ‘e bastimenti- ce riman’ sultant ‘ O’ Vient, ‘O Vient…..”Forse non ci crederete ma io sono davvero arrivato a casa mia.Ho percorso 50 anni in mezz'oretta .
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