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Cronaca Redazione 13 maggio 2013 15:19 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
Luce sensoriale nello spazio urbano
CIMITILE - Il secondo appuntamento del ciclo di conferenze organizzato dall’associazione SiebenArchi - che dall’8 maggio è diventata anche Fondazione – ha ospitato il lighting designer campano di fama internazionale Filippo Cannata. Presentato dal Prof. Sergio Pone del Dipartimento di Architettura della Federico II, la meravigliosa cornice delle Basiliche Paleocristiane, “bellezza da togliere il fiato” così come affermato dallo stesso Pone, gremita di giovani, ha accolto un emozionante intervento sul ruolo evocativo della luce in un progetto architettonico ed urbano.
Non questioni tecniche o tecnicistiche legate all’illuminazione, ma poesia della luce. Cannata, dopo importanti esperienze in giro per il mondo, di cui cita soprattutto quelle in Cina-Arabia Saudita-Russia, torna nella terra d’origine “come un vulcano in piena eruzione”, come un Masaniello che vuole smuovere gli animi, ma anche perché ritiene che Napoli sia l’ultima terra fertile, continua fonte di ispirazione per alimentare il proprio sogno. Perché Cannata ha sempre saputo cosa voleva diventare, fin da quando questa figura professionale non esisteva. E da 30 anni coltiva una scelta professionale come un percorso emozionale.
Imparare dalla luce naturale, saper ascoltare la voce della luce, guardare dentro e attraverso la luce: interpretare la luce come una questione culturale è ciò che gli ha permesso di essere la differenza di fronte a colossi mondiali della progettazione in campo internazionale. E Cannata ha una strategia di comunicazione ben precisa: parlare della propria terra, parlare con lo stomaco. Ci mostra distese di mele annurche, immagine evocativa del suo beneventano, etica del contadino che svolge un lavoro paziente e immane ma non remunerativo, ritualità di gesti che creano condivisione sociale, identità. La sua strategia comunicativa ha un approccio emotivo, ciò che trasmette non è una miriade di dati quantitativi su come-dove-quando, ma un’esperienza sensoriale totale che si trasforma in emozione.
E’ in questi termini che introduce i suoi lavori, risposte progettuali mai predeterminate, omologate o brandizzate. Poesia della luce che affonda le sue radici nei valori tradizionali e geografici, che trae dall’osservazione del naturale equilibrio tra ombre e luce i ritmi giusti. Liricità della luce, che mutua dall’ambito musicale concetti come intensità-ritmo-tono.
Luce e (è) arte. Il lighting designer presenta progetti di spazi pubblici italiani realizzati in collaborazione con l’artista Mimmo Paladino. Il suo contributo per l’Hortus Conclusus di Benevento non è un progetto di illuminazione delle opere per il museo a cielo aperto, piuttosto è l’opera stessa: le ombre sono parte delle sculture. Così anche per la piazza Conti Guidi a Vinci – per cui ha ricevuto il riconoscimento come miglior progetto di illuminazione urbana “Tropheès Lumiville” nel 2007 – le lame di luce che lambiscono le pietre indirizzando il percorso al Museo Leonardiano non assolvono compiti meramente funzionali ma permettono una lettura globale dell’opera creando qualità spaziale condivisa ed emozionante. Last but not least l’intervento “sorgenti nascoste” per l’acquedotto Alto Calore a Solopaca, dove il progetto di non-illuminazione diventa una sfida professionale: tecnologia led per un totale di 30 watt per consentire alla luna di splendere e riflettere nelle vasche dell’acquedotto. Perché di fronte alla grandiosità della natura bisogna saper fare un passo indietro.
Il prossimo incontro del MdA, venerdì 17 maggio ore 19:30, ospiterà l’intervento dell’artista Graziano Pompili, docente di scultura all’Accademia di Brera.
Alessia Franzese
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