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Cronaca Redazione 21 agosto 2012 23:39 Circa 16 minuti per leggerlo stampa
LÂ’importanza dei Centri Storici nella redazione o rielaborazione dei piani urbanistici generali.
COMIZIANO - I Centri Storici oggi più che mai sono i custodi di una memoria del costruire ormai del tutto scomparsa. La capacità di ogni Centro Storico di crescere su se stesso, ci restituisce una stratigrafia storico – architettonica delle diverse epoche, così accade che accanto o addirittura sullo stesso edificio si possano riscontrare elementi tipici medioevali perfettamente integrati con elementi barocchi o ancora che influssi provenienti da diverse culture si fondano in un’unica struttura architettonica.
Questa peculiarità deriva dal fatto che la “crescita” spesso è slegata da qual si voglia tipologia di Piano Regolatore ed è realizzata per aggiunte successive ad una originaria struttura Architettonica, sicché anche quando è possibile riscontrare una matrice “geometrica” originaria, si pensi ai Centri Storici nati in epoca romana e quindi basati su “decumani” e “cardi”, questa è stata solo il punto di partenza per una crescita che nei secoli si è verificata per singoli elementi architettonici che non di rado si sono fusi per generarne uno nuovo. La ricchezza culturale che un Centro Storico offre è certamente da tutelare ponendo particolare attenzione agli interventi che in esso si vanno a realizzare, avendo anche il coraggio di soluzioni “moderne” che però si muovano nel rispetto della storia e quindi dell’edificio in quanto custode materico di quest’ultima.
Non sono da scartare a priori anche interventi legati alle energie sostenibili, il fotovoltaico, ad esempio, è senza dubbio un interessante elemento da non destinare solo alle nuove costruzioni ma da integrare anche nei Centri Storici. Senza dubbio ciò comporta maggiori problematiche di impatto visivo, realizzare una corretta integrazione che non si limiti all’ “appiccicatura” dei pannelli fotovoltaici sul tetto non è una impresa impossibile. I Centri Storici negli ultimi decenni hanno subito, e continuano a subire, un preoccupante spopolamento, meritano di essere valorizzati perché hanno tutte le potenzialità per divenire una fonte di ricchezza per i Comuni che hanno la capacità di investire correttamente in essi.
Nei centri storici le cause dell’abbandono possono essere diverse. Nel maggioranza dei casi, l’abbandono è dovuto, molto spesso, all’espansione urbana prevista dai piani regolatori generali (Prg) e dai piani urbanistici comunali (Puc). Molto spesso l’espansione è gonfiata e drogata, rispetto all’effettivo fabbisogno di nuovi vani necessario al Comune oggetto dello strumento urbanistico. Per frenare lo spopolamento dei centri storici, basterebbe migliorarli dal punto di vista della qualità della vita e fare dei piani urbanistici rapportati strettamente alle previsioni demografiche comunali.
Il futuro del centro storico è parte integrante di un’idea di futuro dell’intera città esistente, dell’identità e del ruolo che si riconosce a tutte le sue parti e alle loro reciproche relazioni e interdipendenze. Senza questo orizzonte di senso e di azione anche la ricostruzione del centro storico rischia di non dispiegare appieno le sue potenzialità di rigenerazione o addirittura di vanificarsi, rinchiudendosi nell’alveo di una colta testimonianza dentro un territorio che lo ignora e assume altre direzioni di sviluppo,e con la finalità di attivare un processo di valorizzazione e riqualificazione economica dell’area storica del Comune.
Questo, tenendo conto, da un lato, delle indicazioni provenienti dalla cittadinanza, e, dall’altro, in
considerazione della necessità di creare nuove opportunità di sviluppo del territorio, in un quadro di riqualificazione del tessuto urbano e delle sue risorse (ambientali, culturali, imprenditoriali, ecc…), nonché di miglioramento dei servizi offerti ai cittadini e ai consumatori.
Tale impostazione dovrà caratterizzare l’attività di Piano sin dall’inizio. Con interesse dell'Amministrazione comunale puntare sulla pianificazione:
commerciale intesa non più come semplice sistema di regolazione della localizzazione commerciale ma come politica di promozione dello sviluppo delle imprese locali e della qualità dei servizi offerti ai consumatori, nonché di quella abitativa e di miglioramento dei servizi.
Tutto questo nella consapevolezza che la trasformazione del mercato distributivo si gioca sempre più sulla qualità dei prodotti offerti, sulla creazione di servizi integrati, sull’attrattiva dell’area commerciale dove le imprese sono localizzate, sul fatto che tali imprese possano trarre vantaggi competitivi dall’essere localizzate in aree di pregio ben conservate o comunque sottoposte a processi di valorizzazione urbana.
Il piano si dividerà in due parti, che sottendono processi di lavoro e di partecipazione differenti.
La prima parte dovrà essere attivata al fine di mettere a fuoco gli aspetti conoscitivi
indispensabili per un’equilibrata valutazione dei problemi e dei possibili interventi
operativi. Tale lavoro affronterà sia gli aspetti riguardanti l’assetto di mercato dell’area
(rete economico-commerciale, domanda dei consumatori e degli utilizzatori, opinioni
degli operatori), sia i fattori principali che incideranno sulla formazione e valorizzazione
delle risorse presenti nel Centro storico (vocazioni e attrattive dell'area, processi in atto
di trasformazione urbanistica, modelli di comunicazione).
La seconda parte sarà caratterizzata dalla definizione delle strategie e delle proposte
operative, con l’obiettivo di “arrivare ad uno specifico piano di promozione delle
attività economico - commerciali del Centro storico della città, che tenga conto dei processi
di riqualificazione dell'area, sia dal punto di vista della vivibilità che della qualità
dei servizi presenti”.
Per arrivare a tale obiettivo finale, dovrà essere avviato il processo di partecipazione,
coinvolgendo innanzitutto gli altri uffici comunali, e la promozione delle azioni necessarie
a creare un confronto sul tema con i principali portatori di interessi della città (istituzioni, associazioni di categoria, associazioni di consumatori, associazioni di residenti, etc), affinché possano essere individuati obiettivi e progetti condivisi.
Per poter, nel migliore dei modi, qualificare e indirizzare tale fase di partecipazione e così
pervenire alla redazione in tempi utili del piano.
Gli obiettivi o indirizzi strategici che verranno proposti possono essere considerati prioritari
al fine di favorire – allo stato delle conoscenze acquisite – la crescita e riqualificazione economica del Centro storico come area a forte vocazione economico – commerciale e di servizi.
Altrimenti, dato l’evidente degrado, ambientale ed architettonico, che in misura sempre maggiore si appropria della maggior parte dei nostri bellissimi Centri storici, per centinaia di anni custodi delle alterne vicende delle genti che lo hanno abitato, deve spingerci a porci una domanda che in molti vorrebbero, per vario motivo, eludere: quale destino vogliamo che abbiano i nostri Centri Storici ?
Probabilmente le risposte che si possono dare a questo quesito (in maniera forse semplicistica) sono essenzialmente due, la prima indirizzata verso il totale abbandono dei Nuclei Storici, la seconda viceversa, orientata al recupero di questi ultimi.
Andiamo ad analizzare brevemente le due possibili soluzioni.
La prima risposta che vede “l’abbandono” dei Centri Storici e quindi il relativo degrado di questi ultimi, ci pone dinanzi a nuove problematiche. Posto, come logico che sia, un aumento costante seppur minimo della popolazione, seguito da uno spopolamento degli edifici esistenti, si profila il problema della realizzazione di nuove strutture edilizie (e conseguentemente nuovi nuclei urbani) che inevitabilmente andranno a consumare porzioni di territorio e quindi di natura.
(Nel caso del Comune di Comiziano, si rileva dai dati forniti dai tecnici redattori del piano di recupero della zona “A” , che i vani fatiscenti ed inutilizzati ammontano a ben 515 ).
Seppure volessimo pensare a tale nuovi nuclei abitati come elementi iper-tecnologici capaci di autosostenersi tanto da risultare ad “impatto zero” (visione estremamente fantascientifica) resta sempre attivo il nodo essenziale del consumo del territorio.
Si comprende bene come tale ipotesi si muova in maniera diametralmente opposta alla salvaguardia del territorio, se riconosciamo quest’ultimo come elemento essenziale da trasferire il più possibile integro alle future generazioni. l’ipotesi di abbandono e, quindi, degrado dei Centri Storici pone inoltre l’attenzione su un altra problematica, la perdita di identità culturale derivante dalla totale assenza di una memoria storico-architettonica.
La seconda risposta orientata al recupero dei Centri Storici, oltre ad escludere (o quantomeno attenuare) le problematiche relative al consumo del territorio pone l’attenzione sulla qualità architettonica del costruito esistente.
A mio avviso il problema fondamentale affinchè il recupero del costruito possa essere veramente messo in atto, passa attraverso l’incentivazione di tale operazione. Ad oggi già esistono alcuni incentivi pubblici che permettono di riqualificare il costruito, così come ultimamente previsto dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ad oggetto: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante Misure urgenti per la crescita del Paese, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11 agosto 2012. Tuttavia spesso, però, le risorse disponibili sono insufficienti affinché possa essere messa in atto una vera strategia comune. Ecco quindi che le Amministrazioni locali dovrebbero farsi carico di tale problema (proprio perché direttamente interessate) ponendo in essere una serie di incentivi legati, ad esempio, a “sgravi fiscali locali” o “incentivi locali”, nonché di progetti minimi di intervento con prioritaria attuazione diretta da parte dei privati, ed in caso d’inerzia degli stessi, mediante affidamento, consentito dalle norme vigenti in materia, ad imprese, consorzi o cooperative o enti, al fine di promuovere la tutela ed il riuso anche nell’ottica della riqualificazione energetica e mediante fonti rinnovabili, e con le modalità di seguito riportate.
Inoltre occorre considerare che la gran parte dei tessuti edilizi del centro storico, risale agli anni del boom economico partito negli anni ’50-60, e il suo patrimonio edilizio è stato in parte già rivisto, ma spesso con soli interventi manutentivi e quasi mai radicali.
E’ anche questa la ragione per la quale, si rende utile e necessario promuovere la sostituzione edilizia, anche al fine di traguardare obiettivi, di radicale rinnovo degli organismi edilizi, verso una più elevata qualità energetica e sismica.
Per fare questo si deve partire dalle nostre condizioni attuali, dando atto che, occorre pertanto rivisitare gli indici edilizi, e nel contempo riformulare le modalità di intervento, secondo quel nuovo concetto di rigenerazione urbana prima richiamato.
Occorre altresì ragionare attorno al concetto di “ densificazione ponderata ”, e trovare il punto di equilibrio possibile, fra le legittime aspettative economiche e sociali.
Occorre infine avere anche il “coraggio” di prevedere che diritti edificatori possano e debbano potersi delocalizzare e trasferire, laddove il contesto delle previsioni ancora da attuare possa ospitarli, garantendo la piena sostenibilità.
E’ estremamente chiara la principale difficoltà dell’obiettivo, e si sa che gli stimoli alla sostituzione edilizia, pur necessaria a garantire nuovi livelli prestazionali degli edifici, normalmente comporta il riconoscimento di una premialità.
Si è altresì consapevoli che tale premialità non è traducibile in contributi pubblici, già oggi prossimi al totale esaurimento, e non certo prevedibili nel vicino futuro.
Si tratta quindi di affrontare la sfida di coniugare l’appetibilità dell’intervento, non escludendo anche di riconoscere una premialità, a patto che la realizzazione di parte di essa, avvenga dove la qualità degli spazi lo consente.
Se non si avrà il coraggio di affrontare questa sfida, non si raggiungerà mai, e poi mai, ne l’obiettivo di “messa in sicurezza strutturale” , ne quello altrettanto ambizioso di un “ forte ” recupero del patrimonio edilizio esistente del centro storico.
La traduzione operativa del nuovo concetto di rigenerazione urbana dovrà quindi avere percorsi differenziati, anche di tipo negoziale, ma esclusivamente proiettati al principio della sostenibilità degli interventi nel contesto urbano.
Sarà quindi necessario, dotarsi di un impianto normativo, preciso negli obiettivi, non come fino ad ora previsto nei molteplici, ripetitivi ed inutili piani attuativi approvati, ma con opzioni flessibili, che prevedano di:
- selezionare le zone dove è ancora “sopportabile” mantenere gli indici attuali, e limitarsi esclusivamente ad assoggettarli ad interventi di bioedilizia spinta, previo il reperimento di tutti gli standard, con particolare riguardo alla mobilità;
- individuare le zone dove invece gli attuali indici non possono essere confermati, se non come “premialità condizionata” alla totale sostituzione degli edifici, secondo i criteri di bioedilizia e sicurezza sismica, nei lotti esistenti, e il trasferimento degli indici eccedenti, in aree adatte a sviluppare un reale miglioramento urbano;
- indicare le aree recapito, per gli indici eccedenti non realizzabili nei lotti d’origine, sulle quali scaricare la “premialità condizionata”, senza alterare l’equilibrio delle zone di provenienza, e addensare quelle aree dove gli standard necessari ad ospitarli possono ancora essere stabiliti o ridefiniti.
E’ evidente che il concetto di “delocalizzazione”, fin qui mai individuato e praticato, dovrà trovare spazio nelle norme del PUC e del RUE.
E anche il ruolo dell’Amministrazione Comunale, non dovrà più essere, come fino ad oggi previsto, solo di “regolatore” dei procedimenti urbanistici, bensì quello di “stimolatore” disponibile, a praticare tutti i percorsi negoziali, trasparenti e legittimi, già previsti dalle leggi regionali e nazionali.
Peraltro lo strumento della delocalizzazione è forse il più adatto, se non l’unico, se ben utilizzato, che può tornarci utile per completare il ragionamento sul tema degli indici, che, se affrontato solo per le zone di completamento, resterebbe monco.
Ma per quale motivo le amministrazioni locali dovrebbero intervenire? Prima di tutto riqualificare un Centro Storico significa recuperare una identità culturale che altrimenti andrebbe persa, identità culturale che messa in “rete” con i centri limitrofi può divenire motore di crescita turistica/di servizi e quindi economica.
In secondo luogo intervenire su strutture esistenti, riqualificandole energeticamente, significa salvaguardare il contesto paesaggistico-ambientale all’interno del quale il Centro Storico è ubicato e conseguentemente innalzare il livello di qualità della vita che, oltre al fattore economico si basa anche sulla percezione dell’ambiente che circonda ogni singolo individuo.
Mettere in campo queste strategie è senza dubbio problematica, tuttavia, è l’unica strada che ci permetterà di salvaguardare il nostro pianeta, la nostra economia (locale) ed infine la nostra cultura.
"Gli spazi esistono solo se ci sono gli uomini. E il problema dei centri storici, non solo in Italia ma ovunque, è che spesso non ci sono più gli uomini che ci vivono, ma solo uomini che li usano, che li sfruttano. In base a tale pensiero, troppe volte il centro storico si riduce ad una scenografia teatrale e, chiuse le attività, si svuota e si degrada (tipicamente nelle ore serali e notturne). La sfida di chi amministra centri storici è coniugarne la tutela con la necessità di costruire spazi dove gli uomini possano vivere in maniera armoniosa, soddisfando i loro desideri e bisogni.
“Sostenere attività a dimensione d’uomo, rivitalizzare i centri storici e garantire servizi diffusi sul territorio sono priorità di una battaglia non difensiva, ma tesa ad affermare un modello di sostenibilità in cui bisogna credere e che si incarna proprio nei nostri centri”.
“L’urbanistica contemporanea, considera tale modello di residenzialità, articolato in centri di dimensioni medio piccole, con una elevata vivibilità e senza un eccessivo consumo di quel bene finito che è il territorio, il modello che si affermerà in futuro in Europa perché è il modello più sostenibile. Per questo rivitalizzare i centri storici rappresenta un ponte verso il futuro per evitare che questa peculiarità urbanistica possa essere compromessa”, perseguendo gli obiettivi e le strategie relative a:
1) conservazione, recupero, riuso, potenziamento, valorizzazione e specializzazione del patrimonio edilizio, architettonico e urbano dei Centri Storici;
2) miglioramento della dotazione dei servizi finalizzata a:
a. innalzamento della qualità della vita;
b. definizione di nuovi ambiti di utilizzo dei patrimoni immobiliari abbandonati, secondo un piano complessivo di riassetto e attrazione di nuove funzioni e attività, compreso, l’housing sociale.
Tale secondo obiettivo mira esplicitamente alla opportunità di prevedere progetti di riuso che possano determinare nuove opportunità di funzioni economiche riallocate all’interno dei Centri Storici, con evidente ricaduta sociale in termini di miglioramento delle condizioni di vita nonché di sviluppo occupazionale.
Il recupero e la valorizzazione dei centri storici minori costituisce un tema importante non solo nella Regione Campania, ma dell’intera Nazione, sia per la numerosità di questi insediamenti che per il valore che essi assumono nell’economia delle regioni.
I fenomeni di spopolamento degli insediamenti minori sono infatti un fenomeno preoccupante a cui è necessario porre freno.
Tali assunti costituiscono la base e l’idea guida che fin da principio sostiene tale percorso: la qualità contro la quantità; la sostenibilità contro lo squilibrio; la concentrazione dei servizi e delle attrezzature urbane; la riqualificazione del costruito, soprattutto delle zone realizzate in forme spontanee, abusive, precarie; il ridisegno complessivo degli spazi pubblici; la valorizzazione di alcune significative architetture di qualità intese come germi positivi di rigenerazione urbana; le ricuciture urbane di unità abitative; la organizzazione di ambienti a misura d’uomo per nuove relazioni sociali e culturali, costituiscono tutte azioni fondamentali per la messa in atto di una vera azione di valorizzazione e potenziamento della “risorsa” dei centri storici.
Oltre all’azione infrastrutturale, affrontare il tema dei Centri Storici comporta anche il coinvolgimento del tema della coesione sociale in correlazione alle dinamiche di evoluzione/uso del territorio, e significa principalmente porre la questione della autoaffermazione dei cittadini rispetto al loro territorio. Dal punto di vista sociale, la dimensione urbana necessita di una significativa azione di adeguamento delle strutture e dei servizi, ma, al tempo stesso, di una azione di governo che spinga verso l’autogestione e la possibilità di attivare la riappropriazione dei territori da parte di coloro che li occupano e li vivono (partecipazione e riaffermazione dell’identità e dell’appartenenza).
Un programma cioè, che sia capace di coniugare nel tempo lungo della ricostruzione la conservazione fisica dei luoghi della memoria più profonda (centro storico e nuclei storici) con la contestuale attivazione di un percorso virtuoso di rilancio economico, sociale e identitario compatibile con questa conservazione.
Il futuro del centro storico è parte integrante di un’idea di futuro dell’intera città esistente, dell’identità e del ruolo che si riconosce a tutte le sue parti e alle loro reciproche relazioni e interdipendenze. Senza questo orizzonte di senso e di azione anche la ricostruzione del centro storico rischia di non dispiegare appieno le sue potenzialità di rigenerazione o addirittura di vanificarsi, rinchiudendosi nell’alveo di una colta testimonianza dentro un territorio che lo ignora e assume altre direzioni di sviluppo. La riqualificazione del patrimonio edilizio storico, costituisce quindi un’occasione culturale, sociale ed economica importante per lo sviluppo sostenibile della città e tale riqualificazione deve essere realizzata con coscienza, senza consumare porzioni di territorio e quindi di natura.
Quanto da me evidenziato, insieme ad un “ Popolo pensante e partecipe ”, può rendere possibile l’attuazione di tale importante progetto: “ Recupero dei Centri Storici ”, altrimenti si confermerà il motto “ Le mura senz’anima sono deserti ”.
Ing. Franco Giuseppe Nappi
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