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Cronaca Redazione 19 settembre 2008 23:34 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
La fede nel progresso, nel futuro, nella sconfitta delle malattie è senza dubbio una delle
caratteristiche principali di quel nerbo di società scientifica che guida la ricerca e che ha finito per
contagiare un pò tutti. Chiaramente sarebbero guai se gli uomini e le donne impegnate nella lotta contro le
malattie, e in ultimo nell'evidente tentativo di allontanare il destino terreno di ogni uomo, non fossero
spinti e sorretti dalla fede incrollabile nel domani e nella ricerca.
Purtroppo però non è
così: non lo è in virtù del fatto che, di là dagli evidenti miglioramenti ottenuti dalla medicina e dalla
ricerca (passi da gigante oserei dire), c'è sempre qualcosa di più profondo che sottende la vita. Potremmo
quasi dire che le dà "forma"in senso aristotelico: è un quid al quale la ricerca non può accedere né può porre
rimedio.
Il medico/ricercatore dovrebbe essere mosso da un senso sacro, dovrebbe agire in ogni
momento memore del giuramento d'Ippocrate e conscio che la sua non è un'azione tra le tante, ma è l'azione che
nel senso più profondo mette in contatto col mistero della vita. Purtroppo l'essere umano dimentica la sua
natura, accecato dai risultati inizia spesso a sentirsi quasi invincibile e poi…e poi è impreparato quando si
presentano risultati inaspettati.
Simili circostanze vengono vissute con un atteggiamento quasi
di superbia che potrebbe essere riassunto nella frase :" …è assurdo quanto si para davanti ai miei occhi, le
cause non possono produrre questi effetti! ". Eppure l'imponderabile è sempre presente, il caso, la fortuna,
la Tyche sono lì pronti a rammentare all'uomo quanto possa essere davvero sottile la distanza tra la vita e la
morte, tra la riuscita di un progetto ed il suo fallimento. Nell'ansia di liberarsi dal caso, dalla necessitÃ
ci si è dimenticati che non tutto può essere in nostro possesso. Lo so, mi si potrebbe dire che queste
affermazioni sono ormai noiose e ripetitive, ma sono reali e a poco contano al momento, secondo il mio modesto
parere, i pochi spiriti nobili che ancora permangono: non è il loro tempo e forse non lo sarà a lungo. La loro
missione deve essere quella di perpetuare i valori giusti in cui credono nell'attesa che qualcosa possa
cambiare.
Non meraviglia la notizia che gli antibiotici stiano pian piano diventando insufficienti a combattere
nuove forme batteriche: le condizioni stanno mutando, effetti collaterali inaspettati o semplicemente non
considerati ora si apprestano a chiedere il conto. Si badi bene a non travisare quanto dico: non ci si deve
abbandonare al pessimismo o all'inattività , quello che si denuncia è l'approccio alla vita e alla ricerca.
Viviamo in un mondo senza forza vitale, senza forza spirituale, senza Dio.
Un mondo senza Dio è un mondo dove tutti i legami vengono a crollare e anche la forza per raggiungere
gli obiettivi che ci si pone alla lunga non ha ragione di essere. Lo sapevano i grandi del pensiero
occidentale e lo sanno anche coloro che ora con ragionamento "scientifico" promuovono il crollo di tutti i
valori e celebrano ogni giorno i funerali della morte di Dio. Solo noi, che siamo fuori dai giochi ed immersi
nel quotidiano delle nostre esistenze sempre più senza senso, sembriamo non saperlo o lo abbiamo
dimenticato.
Forse non lo hanno dimenticato gli anziani: per la salvezza dell'uomo è più valido
il messaggio portato dallo spirito di sacrificio della vecchina "bigotta" che non quello di un professore
ateo. Per lo meno è più vero e reale per lo spirito dell'uomo.
Pasquale Antonio Riccio
pasqualericcio.it
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