27/04/2024
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Cronaca Annamaria Bianco 14 maggio 2010 23:08 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
ACERRA – Il giorno 23 del mese di aprile scorso alle ore 19 circa, nell’ambito della XII edizione della settimana della cultura, è stato presentato nella sala principale del museo del Castello Baronale di Acerra il libro “Quattro chiacchiere con Partenope – Io ho ascoltato la sua voce” della scrittrice napoletana Viola Mariani.
L’affluenza purtroppo è stata piuttosto scarsa e l’evento ha avuto inizio con quasi un’ora di ritardo per via della confusione causata dall’incontro tenuto dalla Commissione Europea sull’Inceneritore, al piano di sopra. Grande assente è stato il Sindaco, il dott. Tommaso Esposito, ma al tavolo con la giovane e bella autrice erano comunque seduti Francesco Mennitto ed Eustacchio Paolicelli, presidente dell’associazione culturale “Acerra Nostra”, che ha introdotto la figura della Mariani, napoletana da molte generazioni, con quale goccia di sangue spagnolo nelle vene.
E nell’accennare a questa piccola nota biografica, Paolicelli ha colto l’occasione per celebrare le antiche glorie della città al tempo dei Vicerè di Spagna, introducendo nel discorso una breve parentesi storica – e non solo – sui rapporti che legano il nostro territorio a quello della penisola iberica. Il libro, invece, è incentrato su un quesito che potrebbe sembrare banale, ma che dovrebbe essere in realtà fondamentale per la nostra società ed estremamente necessario: “Che cosa accadrebbe se Napoli iniziasse a parlare?” Viola Mariani le dà voce attraverso la mitica sirena Partenope uccisa dal suo amore per Ulisse, rifacendosi all’opera di Matilde Serao “Partenope non ha tomba”, che ella immagina di incontrare mentre si trova su una scogliera in riva al mare del golfo nostrano, a riflettere sul degrado della città.
La sirena giunge allora ad interrompere i suoi pensieri negativi, svolgendo nei suoi confronti una funzione consolatrice: non tutto è perduto, tornare allo splendore di un tempo è ancora possibile. E, per dimostrare che quanto dice è vero, la creatura marina la conduce con sé attraverso le tradizioni ed i luoghi simbolo della Napoli storica come piazza Municipio e palazzo San Giacomo e tanti altri. E’ a quel punto della narrazione che la scrittrice introduce un nuovo terribile personaggio; quello del Vesuvio. Di esso, ha come una sorta di mistica visione: questo si trasforma in un essere umano, un gigante che distrugge una statua in una piazza… facilmente riconoscibili in quelle dedicate a Garibaldi, anche se il suo nome non viene citato neppure una volta in quel contesto.
L’atto compiuto dall’ “uomo – vesuvio” assume, in quest’ottica, un preciso significato: una vera e propria critica al Risorgimento e ai crimini commessi nei confronti del Sud ed in quelli dei cosiddetti “briganti” dai sudditi e dagli eserciti dei Savoia. Collocando al posto della precedente scultura quella della Sirena, l’autrice dà libera espressione al proprio pensiero e, soprattutto, all’amore per il proprio paese, che si ricava anche dall’accusa a tutti gli uomini di potere che hanno trascinato Napoli nella decadenza in cui oggi si trova.
Su tale problematica, del resto, l’autrice ha pubblicato anche una raccolta di versi dal titolo “Perché odiate la città?”, una lunga canzone sui rifiuti che, da un lato, è attacco vero e proprio nei confronti di Lega Nord & simili, ma, dall’altro, è anche un inno alla città; un invito rivolto a tutti coloro che sentono di appartenervi, per nascita e non, a rinnamorarsi di essa. A darle almeno una possibilità…
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