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Cronaca Redazione 16 novembre 2009 00:17 Circa 1 minuto per leggerlo stampa
Nei giorni scorsi si sono celebrate con grande enfasi i festeggiamenti per i venti anni della caduta del muto di Berlino simbolo di un socialismo reale che mai era riuscito a costruire rapporti e scambio tra i diritti sociali e quelli politici.Se oltre a celebrare giustamente il passato riuscissimo a riflettere sull’oggi, dovremmo pensare anche ai muri che resistono e si consolidano:
- Il muro che si erge maestoso e minaccioso tra Messico e Stati Uniti a impedire che i disperati della parte povera dell’America possano sedersi alla stessa tavola ricca degli americani del Nord.
- Il muro di mare in cui abbiamo ridotto il Mediterraneo che prima cuciva come ago e filo i popoli che vi si affacciano e che ora respinge al mittente ogni questua di dignità.
- Il muro di Israele, monumento rassegnato di fronte alla scommessa che i conflitti prima o poi finiscono, totem di cemento armato e di elettronica avanzata, agnello d’oro innalzato a idoli che “hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni: sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida” (Salmo 113).
Perché i muri sono gli scogli su cui si infrangono le speranze dei popoli. Sono le dighe che impediscono alle folle di incontrarsi per scoprire che si può essere amici e non v’è maledizione o condanna all’odio perenne. Sono prigioni a cui si condanna anche chi le costruisce.
Abbiamo poco da festeggiare, ci sono ancora tanti muri da far cadere!
Antonio D'Amore
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