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Cronaca Redazione 07 novembre 2007 00:04 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
È stato l'uomo dei conti di Clemente Mastella. Nelle sue mani teneva le chiavi della
cassa dell'Udeur e del giornale di partito. L'ex senatore Tancredi Cimmino nel 2006 non è
stato ricandidato ed è passato con Antonio Di Pietro. 'L'espresso', lo ha intervistato.
Ci racconta come funzionavano le casse dell'Udeur e del 'Campanile'?
"Io gestivo sia il conto corrente dell'Udeur che quello del giornale ed entrambi erano
garantiti con le mie fideiussioni personali. Di fatto però decideva tutto Clemente. Lui era
il segretario politico e io ero solo quello amministrativo. Nel rispetto dei ruoli, se
Clemente aveva un'esigenza io, come era mio dovere, la esaudivo".
Ma i conti sono andati in profondo rosso.
"E già . Nel 2006 il conto del partito aveva raggiunto uno scoperto di 1,4 milioni di euro
mentre quello del giornale era arrivato a 450 mila euro di rosso. Clemente aveva deciso di
candidarsi alle primarie e c'erano state delle spese ingenti. Io ero preoccupato, ma lui mi
diceva che dopo le elezioni saremmo rientrati dallo scoperto con i rimborsi elettorali. Poi,
a sorpresa, decise di non candidarmi".
L'hanno accusata di essere scappato con la cassa e di avere lasciato il giornale e il
partito in un mare di debiti.
"Mi sono deciso a parlare solo per difendere la mia famiglia e la mia dignità da queste
accuse. Non c'è stata nessuna fuga e anche l'Udeur non ha mai detto una cosa simile. Il
partito allora emanò un comunicato, pubblicato dalle agenzie, per smentire le voci. Conservo
ancora la lettera di complimenti che mi scrisse il presidente dei revisori per i miei
bilanci. Ho lasciato un giornale che aveva 400 mila euro di debiti ma che doveva incassare 2
milioni di contributi. Non c'era nessun buco. La verità è che ho garantito i debiti che
altri, con le loro spese, hanno causato. Poi, quando i patti non sono stati onorati, la
Cassa di Risparmio di Ferrara mi ha bloccato i beni".
Ci ha rimesso del suo?
"Ovviamente no. Però sono stato costretto a scrivere una lettera ai presidenti di Camera e
Senato nella quale facevo presente che l'Udeur doveva ancora pagare i debiti e chiedevo a
Marini e Bertinotti di bloccare l'erogazione del contributo elettorale all'Udeur fino a
quando non fossero stati saldati i debiti pregressi. Solo allora il partito si decise a
pagare i debiti con la banca".
La accusano anche di avere comprato nel 2005 con i soldi del 'Campanile' una Mercedes
Four Matic 3.200 di cilindrata per ben 63 mila euro e di averla usata. Come spiega questa
spesa?
"Io sono andato via ad aprile del 2006, otto mesi dopo quell'acquisto. La macchina aveva
pochi chilometri e ho consegnato le chiavi. Mi risulta che la Mercedes è stata venduta dai
nuovi amministratori solo a maggio del 2007, un anno dopo".
Loro dicono che l'auto è stata data in uso per brevi periodi al senatore dell'Udeur
Barbato e al direttore del 'Campanile', ma solo al fine di venderla. Poi, a ottobre è stata
consegnata a un concessionario ed è stata venduta sette mesi dopo perché nessuno la voleva.
Consuma troppo.
"La vera ragione di quell'acquisto è amministrativa. Mi arrivavano fatture per migliaia di
euro ogni mese da pagare per i pieni fatti dal benzinaio di Ceppaloni. Decisi di comprare
l'auto per giustificare l'inerenza delle spese di carburante".
'L'espresso' ha raccontato la storia dell'appartamento che ospita il giornale di partito
e che è stato comprato a un ottimo prezzo dalla società Campanile Srl, dei figli di
Mastella, nel 2006. Senatore Cimmino, ci spieghi dall'inizio questa vicenda.
"Io avevo il 90 per cento delle quote della Campanile Srl, mentre il 10 per cento era
intestato a Mastella. Gli ho ceduto gratuitamente le quote quando ho lasciato l'Udeur perché
pensavo agisse come segretario di un partito e non come padre di famiglia. Ora invece scopro
che i suoi figli hanno realizzato l'affare di largo Arenula grazie al fatto che il
segretario ha ceduto loro quelle quote a 10 mila euro. È uno scandalo: quella società valeva
molto di più ed era finanziata dal partito. Mastella non poteva darla ai figli. Io ho
firmato un accordo nel quale c'era una clausola, garantita da una penale di 500 mila euro,
che prevedeva la cessione da parte mia delle quote a una persona indicata dal rappresentante
legale del partito. In quella veste ho venduto a Mastella. Altrimenti non ci sarebbe stata
nessuna ragione per regalargli le quote".
Ora cosa pensa di fare?
"Sto consultando i miei legali per far valere le mie ragioni".
Marco Lillo
L'Espresso
(01 novembre 2007)
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