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Cronaca Redazione 10 settembre 2007 00:00 Circa 3 minuti per leggerlo stampa
E' da quando siamo tornati dalle vacanze che qui a Pontecitra non si capisce più niente.
Sembra che sorella morte, come la definiva San Francesco d'Assisi, si sia insediata proprio qui.
Essa non si risparmia, anche qui in un quartiere popolato maggiormente da persone giovani.
Il primo drappo bianco negli ultimi giorni di agosto, è per DOMENICA più comunemente conosciuta come MIMMA, 21 anni colpita nel periodo del proprio sviluppo, da una rara forma di epilessia denominata "afora" che attaccando il sistema nervoso,agisce un po'alla volta su tutte le funzioni motorie e sensoriali della persona, fino alla perdità della facoltà di camminare, parlare, muoversi e anche di esporsi alla luce.
Della stessa malattia morì, anni fa,il 31/12/2003, alla stessa età , la sorella Rita. Poi Sabato 1 Settembre ci lascia PASQUALE 54 anni, una persona dedita all'aiuto del prossimo, sempre disponibile sempre pronta che mai osava dire "no" solo quindici giorni prima, lo vedevi per la strada a passeggiare con gli amici o fare un giro in bicicletta.
Poi le tragedie più gravi CARMINE 18 anni, che compie l'estremo gesto di gettarsi dal balcone della sua abitazione del V piano del Palazzo De Crescenzo, probabilmente solo perché la sua fidanzatina voleva lasciarlo, e infine LUIGI 32 anni trovato impiccato ieri all'ultimo piano della torre dove abitava, ancora oggi non è chiaro se è stato ucciso o si è suicidato.
In Mimma, Carmine e Luigi c'era, è ovvio, un vuoto nella propria vita, mancava loro qualcosa, mancava la voglia si essere felici, forse Mimma avrebbe desiderato avere le possibilità che hanno avuto Carmine e Luigi, avere una vita serena, uscire con gli amici, col fidanzato senza privazioni, come d'altronde fanno tutti i ragazzi d'oggi. Forse Carmine era così legato ai propri affetti che non sopportava nemmeno l'idea che potesse perderli. Forse Luigi che in guai si è trovato spesso si è trovato in qualcosa più grande di se stesso e non ha saputo liberarsene.
Non sono i primi giovani del quartiere che ci lasciano: nel 2002 LUIGI ventiduenne compie l'estremo gesto ingerendo veleno e MAURIZIO, diciannovenne, nel 2004 muore in un tragico incidente stradale.
Quest'ultimo, morto non per sua volontà , diceva spesso "sono una persona sfortunata".
Voglio sperare, anzi ne sono certo, come diceva Totò, nella sua " 'A livella" che la morte sia livellatrice non solo delle classi sociali, tra marchese e netturbino, come recitava la poesia ma anche degli stati d'animo: un giorno vorrei rivedere i giovani qui menzionati felici non più oppressi dalle loro malattie o dalle loro angosce adolescenziali.
E per noi che restiamo qui, e che li conoscevamo, o che ne sentiamo parlare, usiamo le loro esperienze come esempi per come "spendere" la nostra vita,. Parliamone tra noi, sfoghiamoci. E se le cose belle non arrivano costruiamocele. C'è una sezione nel forum di questo sito si chiama LUCE. Scriviamo i nostri dubbi, le nostre incertezze, facciamo amicizia, non dite come vi chiamate, ma chiedete. Vi potranno rispondere vecchi, giovani, persone di mezza età , esperti e non, che riusciranno comunque a dirvi una parola di conforto.
Il problema della morte come diceva Benigni è che si muore per parecchio tempo, e anche se adesso probabilmente, le su citate anime sono in pace, stanno bene, resta qui sulla terra chi non riesce a far rimarginare la profondissima ferita aperta dalla loro perdita.
Il 22 settembre 2004 in una messa in sua memoria la mamma di Maurizio (l'ultimo ragazzo citato) diceva agli amici del compianto figlio: "So perfettamente che ognuno di voi deve vivere la sua vita aspirando ad una meta precisa ed io, come madre, auguro a tutti di realizzarla come avrei voluto per mio figlio; solo una cosa spero da voi: non dimenticate Maurizio perché solo attraverso voi io lo rivedrò."
E allora noi dobbiamo rimanere vicini a chi resta, ai familiari più stretti, anche a chi non ha voglia di andare avanti. Facciamo vedere in noi quel figlio, fratello, amico che hanno perso. Ricordando a noi tutti, giorno dopo giorno, che la vita è un dono ineguagliabile. E che va sempre vissuta, fino in fondo. Anche quando sembra sia ingiusta e insopportabile.
Salvatore Piccolo
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