Cronaca
Redazione
06 febbraio 2006 23:15
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NO ALLA RIDUZIONE DEL TEMPO SCUOLA
L'esito del monitoraggio sui quadri orari promosso dal Miur ha evidenziato la tendenza a privilegiare percorsi formativi a 33 ore settimanali di lezione
Su 41554 classi di scuola media, solo l'1% ha adottato l'orario obbligatorio a 27 ore. L'area destinata alle attività opzionali è stata utilizzare per l'approfondimento dei contenuti disciplinari, il potenziamento dello studio della lingua inglese, l'introduzione dell'informatica nel curricolo .
La riforma della scuola adottata dal governo Berlusconi naufraga nel mare immenso del dissenso generalizzato e diffuso per l'intero territorio nazionale. Il monitoraggio promosso dallo stesso Ministero dell'Istruzione sui percorsi formativi adottati dalle singole istituzioni ha dato come risultato, indiscutibile, il rigetto della riduzione dell'orario obbligatorio settimanale di lezione.
Dai dati trasmessi dalle scuole secondarie di primo grado ed elaborati dal Miur emerge che su 41554 classi di scuola media, 25787 prime e 26387 seconde, corrispondenti all'80% di quelle in organico di fatto, solo l'1% ha adottato il l'orario obbligatorio di 27 ore settimanali. Le restanti classi hanno funzionato con orari più distesi: il 21% delle classi sottoposte a monitoraggio ha adottato un orario di 30 ore settimanali di lezione, mentre il 78% si è orientato su percorsi formativi strutturati su un orario settimanale delle lezioni compreso fra le 33 e le 40 ore, con prevalenza per i i moduli a 33 ore.
Le ore aggiuntive, destinate alle attività e agli insegnamenti opzionali facoltativi, sono state impegnate prevalentemente per il recupero dei tagli operati dalla riforma ad alcuni ambiti disciplinari. E' stato potenziato l'ascolto, sono state implementate le ore di lingua inglese, è stato introdotti lo studio dell'informatica nell'ambito dell'area tecnico-scientifica e si è dato più spazio agli approfondimenti disciplinari.
La lettura dei dati elaborati dal Ministero e consegnati alle organizzazioni sindacali sono di conferma alle posizioni di rigetto del progetto di riforma del sistema d'istruzione e formazione adottato d'imperio dalla maggioranza di governo di centrodestra, che ha ignorato la protesta della categoria, il parere negativo del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, i rilievi emersi dalla conferenza Stato/Regione. Il governo Berlusconi, ha proseguito imperterrito nella sua determinazione di voler varare una riforma che nella pratica attuazione si è rivelata approssimativa e carente per i vuoti legislativi che sono venuti a determinarsi e che hanno generato solo caos, incertezza e un inutile aggravio di burocratizzazione.
La riforma Moratti non persegue altro obiettivo che quello di tagliare drasticamente gli organici, con la riduzione del tempo scuola a scapito del diritto allo studio. Il ritorno al maestro unico nella scuola primaria, oltre ad essere anacronistico per la realtà di oggi, fortemente caratterizzata dal pluralismo culturale, determina un esubero ogni tre docenti che potrebbe non essere assorbito dal presunto incremento dell'iscrizioni dovute agli anticipi, anche perché si va verso la soppressione della figura del docente specializzato o specialista della lingua straniera, con affidamento dell'insegnamento di tale disciplina all'insegnante di base.
Le prospettive di esubero riguardano anche la scuola media e, in particolare, i docenti di materie letterarie, educazione tecnica e lingua francese, a meno che non si provveda, nella prossima legislatura ad abrogare, e non a modificare, la legge 53/2003 e i decreti legislativi ad essa collegati, il che può avvenire solo con un cambio di maggioranza alla guida del paese.
Un'eventuale vittoria elettorale della Casa delle Libertà , per nulla auspicabile e allo stato attuale non prevedibile, avrebbe come conseguenza il radicamento di un progetto approssimativo, come dimostra la recente sentenza del TAR del Lazio che ha sospeso la circolare sul portfolio, per la parte riguardante la biografia dell'alunno, in quanto non coperta da regolamento sul trattamento dei dati sensibili.
La sentenza emessa dal giudice del tribunale amministrativo della Regione Lazio ha accolto il ricorso proposto da alcuni genitori anche per quanto attiene l'insegnamento della religione cattolica, disponendo la non inclusione di detto insegnamento nella scheda di valutazione tra le materie di studio obbligatorie.
Sebastiano Monda
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