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Cronaca Andrea Amato 24 giugno 2009 00:09 Circa 4 minuti per leggerlo stampa
Un clima di ambiguità e contraddizioni si respirava all’incontro di ieri su Vasca San Sossio. Erano presenti alcuni rappresentanti del commissariato ambientale di governo, membri dell’ASL, incaricati dell’ARPAC multiservizi, il comandante della locale stazione della Guardia Forestale, l’ingegnere Matrisciano del Comune ed esponenti dei comitati cittadini impegnati nella lotta contro l’illegalità dell’ambiente.
A seguito dell’ennesima sollecitazione dei comitati e, questa volta, anche dell’ASL e del Comune , è stato richiesto che si presentassero il Commissariato e l’ARPAC per verificare “in loco” , sotto gli occhi di tutti i presenti, l’avvenuta messa in sicurezza del sito inquinato. I comitati, infatti, insieme con gli stessi membri dell’ASL e del Comune contestano che il sito sia stato completamente e rigorosamente messo in sicurezza, in quanto evidenti tracce di rifiuti speciali (il car-fluff , in primis) lungo tratti della scarpata che circonda la Vasca, ancora persistono.
L’ARPAC, tuttavia, ha assicurato che gli interventi sono avvenuti compiutamente e in maniera precisa: sono stati, difatti, asportati e trasferiti in discarica duecento chili di rifiuti organici, quattrocento chili di pneumatici, trecento di materiali misti, altri trecento chili di metalli ferrosi e duecento chili di materiale classificato col codice CER numero 100322. Inoltre, l’ARPAC ha precisato, contrariamente a quanto sostenevano il geologo De Riggi del comitato ambientale e altri dei presenti, che nulla tra ciò che è stato rinvenuto è da ritenersi rifiuto speciale. Per il Commissariato e per l’Arpac, nelle operazioni di messa in sicurezza dell’area, durante le quali sono state tracciate trincee d’ispezione ogni tre metri, lungo tutta la pendice che corre intorno alla Vasca, nulla di “speciale” o altamente tossico è stato rinvenuto.
Eppure, in un ben preciso punto della scarpata, uno strano materiale maleodorante e di color pece era palesemente visibile a occhio nudo ancora ieri mattina. “Non è che tale materiale è stato sversato illecitamente, in seguito all’operazione di messa in sicurezza?”, si chiedeva il Commissario di governo. E ancora il Commissario si domandava: “ Perché non si è ancora provveduto a istallare qui sul posto telecamere?” Al primo quesito ha risposto il geologo Salvatore De Riggi, supportato dal giornalista-reporter Gianpiero De Luca, convenuto anch’egli sul posto per filmare l’incontro. De Riggi è certo che quel materiale sia lì da prima che l’ARPAC intervenisse e di ciò ne sono prova incontrovertibile i filmati datati, in possesso di Gianpiero De Luca di Canale Italia.
Al secondo interrogativo ha replicato la guardia forestale, sostenendo che le telecamere ci sono, ma non funzionano perché la loro istallazione non è stata completata. Infine, i comitati hanno chiesto che almeno si proceda a una caratterizzazione dell’intera area, operazione che forse potrà fare definitiva chiarezza su quanto c’è da rimuovere e potrà consentire di intervenire, in seguito, con una sistematica bonifica. Intanto, l’area contaminata della Vasca continua ad essere terra di nessuno, le autorità sembrano non voler trovare accordi seri sul risanamento del sito, la maggior parte dei cittadini pare disposta solo ad essere omertosa, le poche mosche bianche che denunciano i misfatti degli illegali e le inadempienze dello Stato rimangono inascoltate.
E chi ne esce rafforzata e sempre più favorita da questa situazione di irresoluzione permanente è solo l’illegalità, la quale proprio nei climi di pressappochismo, di incertezze e mancata sorveglianza come questi trova il suo humus naturale. Ci è bastato, infatti, spostarci di soltanto cento metri più a nord dall’area centrale della Vasca, lungo un canale dei Regi Lagni, per osservare quanto l’illegalità, alimentata dall’indecisionismo dello Stato , dalla ignavia e dalla disonestà dei cittadini, lì lieviti spaventosamente con gli scarichi abusivi : lastre di amianto, carcasse di automobili incendiate, tubi catodici di vecchi televisori, pneumatici di ogni grandezza erano depositati in quelle terre, all’ombra degli alberi di albicocco e in compagnia dei contadini che raccoglievano i frutti.
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