Cultura

La Cappella Sansevero: massoneria, riti alchemici, ricerca scientifica e capolavori dell’arte nel mausoleo del Principe Raimondo

Nel cuore del Centro Storico di Napoli, a Via Francesco de Sanctis civico 19, è ubicata la straordinaria Cappella Sansevero, prodigio dell’arte e summa delle ricerche scientifiche ed esoteriche che ne ispirarono la realizzazione.

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Divenuta famosa nel mondo per il Cristo Velato, capolavoro scultoreo realizzato dal giovane napoletano Giuseppe Sanmartino, la struttura contiene un complesso simbolismo di natura massonica, e due opere eccezionali, le “macchine anatomiche” custodite nella cripta.

Per comprendere appieno il linguaggio misterico di questo gioiello artistico occorre svelare il significato delle sue opere e per farlo intraprenderemo un viaggio ideale accanto al personaggio che qui ha lasciato la traccia più eloquente del suo passaggio nella storia di Napoli: l’eclettico Raimondo Di Sangro, settimo principe di Sansevero.

Cosa vedere, opere e storia.

La storia della Cappella Sansevero inizia sul finire Cinquecento quando fu ampliata una piccola struttura preesistente, dedicata alla Vergine e denominata Santa Maria della Pietà o Pietatella, atta ad accogliere le spoglie mortali dei Di Sangro.

Il balzo artistico coincise con quello concettuale e si ebbe quando la Cappella, attigua alla residenza privata dei Sansevero, entrò nell’orbita del Principe Raimondo che ne fece il suo santuario privato, nonché simulacro delle sue intuizioni scientifiche e ossessioni alchemiche. L’oscillazione perpetua tra scienza e magia ha reso la Cappella Sansevero uno dei luoghi più affascinanti di Napoli.

Il corpo superiore dell’edificio è a tutti gli effetti una cappella-museo. In esso sono conservate statue marmoree, opere pittoriche e musive e, sparsi qua e là, simboli enigmatici di pura derivazione massonica: l’occhio, il triangolo e il labirinto; un complesso di elementi tutti legati al messaggio ideologico creato dal principe. Prima manifestazione di questo simbolismo risiede nelle statue raffiguranti le Virtù, metafora del cammino spirituale iniziatico intrapreso da Raimondo di Sangro che fu Gran Maestro della Massoneria.

Tra le varie creazioni scultoree citiamo il Disinganno, con la materia straordinariamente lavorata e protesa nello sforzo di liberarsi dalle maglie della rete che la contiene, e la Pudicizia, realizzata da Antonio Corradini, prima opera velata del sepolcro gentilizio, omaggio filiale del principe alla defunta madre Cecilia Gaetani. Indizio dello stupore che lusinga le aspettative del visitatore è già qui il velo che, pur essendo una coltre marmorea, appare come un drappo aderente e leggiadro che avvolge la figura della donna. La Cappella sorge su quello che si presume sia stato il tempio della dea Iside, divinità iniziatica e misterica e a cui questa rappresentazione si ispira.

Scultura imponente è la Deposizione. Come una cascata di marmo si espande sull’altare maggiore, domina il presbiterio, balza verso chi la guarda, si arresta di colpo quando l’impeto tragico dell’evento luttuoso si trasfigura nelle due donne che affiorano dal caos della materia: Maria e la Maddalena. L’altorilievo, che costituisce un caso unico a Napoli, contribuisce più che mai a bonificare tutti i vuoti della superficie, come se il Principe di Sangro avesse voluto contrastare l’horror vacui che nemmeno gli studi febbrili servivano a colmare.

 

Il Cristo Velato

Una riflessione a parte merita il Cristo Velato, l’opera più celebre della Cappella Sansevero e per la quale spendere parole di elogio non sarà sufficiente a preparare il visitatore alla meraviglia che questo incontro rende. La scultura è stata dedotta da un unico blocco di marmo di Carrara da cui il Sanmartino è riuscito ad estrarre le spoglie del Cristo morto con mirabile perizia, e a rendere con compostezza l’esile involucro corporeo del figlio di Dio, così da accrescere il sentimento di tenerezza e spiritualità.

L’arista raggiunge le vette più alte del virtuosismo tecnico nella realizzazione del velo: sottilissimo come se fosse stato concepito per svelare quel corpo nel suo ridursi e svuotarsi dell’anima, piuttosto che per coprirlo. La delicatezza del velo è tale che in passato si è finiti col dubitare della sua consistenza marmorea agevolando la fantasiosa idea che sia stato l’esito di un esperimento alchemico in cui si era cimentato il suo committente.

Il Cristo Velato è collocato al centro della Cappella e lo sovrasta un altro tripudio d’arte barocca ovvero le pitture che decorano la volta, ma in origine era destinato alla Cripta per accompagnarsi alle spoglie mortali del Principe di Sangro, quale metafora della resurrezione di entrambi.

Curiosità

E’ giunto il momento di inabissarci nel sottosuolo e fare la conoscenza di altre due opere realizzate personalmente dal Principe Raimondo con la complicità del medico palermitano Giuseppe Salerno: le cosiddette “macchine anatomiche”.

La figura di Raimondo è una delle più ambigue della storia. Studioso instancabile, scienziato, appassionato di esoterismo, inventore di macchinari e opere di ingegneria, fu mecenate ed egli stesso autore di scritti, ma ciò che sopra ogni cosa lo ossessionava era lo studio dell’anatomia umana. Per saziare la sete di conoscenza in questo campo, si favoleggiava che compisse azioni deplorevoli e feroci come la leggenda che riguarda appunto le due Macchine anatomiche, ricostruzione fedelissima dell’apparato venoso e arterioso di un uomo e di una donna incinta. La riproduzione fu realizzata piegando e manipolando fili di ferro e altri materiali, ma i due creatori necessariamente dovettero eseguire studi approfonditi su cadaveri umani. Da qui nasce la leggenda secondo cui le macchine siano in realtà i corpi di due servi uccisi e imbalsamanti con una tecnica studiata appositamente.

Il mito di Raimondo di Sangro si spinge fino alle circostanze anomale della sua morte. Si dice che, prossimo all’ora della dipartita, si sia fatto tagliare a pezzi e disporre in modo particolare secondo le sue indicazioni, per poi, antesignano mostro di Frankenstein, autocomporsi e risorgere.  L’ultimo atto non andò come previsto, i familiari scoperchiarono la cassa prima che il corpo facesse in tempo a saldarsi. Da lì si udì solo l’urlo dannato del Principe.

Foto dal web

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