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Ti presento Marigliano

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MARIGLIANO – Tanti anni fa prendere la decisione di cambiare residenza non era una cosa facile. Non che oggi siano tutte rose e fiori, ma, grazie alla tecnologia, si può dire addio a quelle lunghe giornate in giro per chiedere opinioni. Oggi, ad un bel tour panoramico, basta aggiungere qualche buona ricerca in internet e, grandezza della tecnica, iscrivendosi a gruppi social locali, si possono chiedere e trovare preziose informazioni. Occhio però, perché può capitare, come successo ad un gentile utente in questi giorni, di chiedere di Marigliano e trovarsi coinvolto, suo malgrado, in una selvaggia bagarre di tifosi e denigratori del proprio paese. Ho deciso, così, estraniandomi dalla giungla di commenti, di lasciare qui una mia recensione al povero malcapitato, magari utile anche ai concittadini per una ripassata generale.

Marigliano è nata come castrum romano, figlia di una storia che ci ha lasciato un antico reticolo tramato da cardini e decumani. Nella notte dei tempi c’erano quattro porte d’accesso  alla città, di cui non v’è più traccia. Marigliano è stata città medioevale, periodo del quale ci rimane un gran palazzo ducale, con tanto di mura, parco e fossato. La rivoluzione industriale non è mai arrivata a  Marigliano e la vocazione contadina locale è rimasta in voga fino agli anni ’90, con l’esportazione del suo prodotto più tipico, la patata, sulla cui scorza è stato scritto il più rilevante evento mariglianese del ‘900, la rivolta del ’59. Il Patrono è San Sebastiano, in onore del quale il 20 gennaio si mangia lasagna, che qui si prepara rigorosamente con polpettine e ricotta. Marigliano è stata nominata Città del Regno d’Italia nel 1896, ha quasi trentamila abitanti, cinque frazioni storiche e una un po’ più moderna. 

Negli ultimi trent’anni, Marigliano ha subito (e voluto subire) la costante espansione della metropoli partenopea, tanto da essere oggi parte di una conurbazione provinciale geograficamente continua e frammentata nella gestione amministrativa. Le patate si importano, la lasagna è rimasta.

In teoria, Marigliano ha il centro storico più bello dei dintorni, una piazza da fare invidia, uno splendido corso lastricato di basalto, una vasta area (quasi due ettari) prossima al centro urbano, prima adibita a stazione ferroviaria, dove si potrebbe realizzare un immenso parco all’aperto, due linee ferroviarie dismesse, utili per ricavare strade, parcheggi, passeggi e piste ciclabili, un’immensa area fiera, disponibile per qualsivoglia evento da organizzare. In teoria, a Marigliano c’è anche aria di campagna, con la quale la città confina per i due terzi del suo perimetro. 

Tutto questo, però, sempre in teoria. Nella pratica, il centro storico è incommentabile, il corso malmesso e le strade lì attorno selvaggiamente massacrate, nell’area dell’ex stazione ci sono una favela a cielo aperto e un parcheggio assolato, l’area della fiera ospita solo il mercato del lunedì mattina. Meglio non parlare di viabilità, barriere architettoniche, mancata pianificazione urbanistica, carenza di impianti sportivi, assenza di strutture e iniziative per la cultura, abbandono delle frazioni urbane. Dulcis in fundo, l’aria di campagna potete dimenticarla. Qui, nel bel mezzo del triangolo della morte, gli sforamenti di polveri sottili sono da record nazionali e più, ma nisciuno se ne ‘mporta.

Infine, spero non vi disturbi la spazzatura a bordo strada e il sempre di moda amore in vendita in periferia. Ah, dimenticavo un altro paio di cose. Se avete bambini, sappiate che il parcheggio nei pressi delle scuole è un miraggio. E che qui le feste per il restauro dei palazzi antichi costano più dei restauri. Ah, e anche che l’opposizione politica qui non esiste. Lo so, è strano, ma bisogna farsene una ragione, le scorse elezioni sono andate così e qualche voce sparuta comincia ad emergere solo ora. 

In sintesi, Marigliano è grande in potenza, nell’atto si ravvedono un po’ di falle. Nonostante le potenzialità, nelle ultime tre decadi, Marigliano ha deciso di rinnegare il passato e nel contempo non ha inteso porsi né come periferia residenziale d’eccellenza né ha rivendicato alcuna tipicità locale attrattiva, così, è inesorabilmente prossima ad assomigliare ad un anonimo quartiere dormitorio di periferia, dove la convenienza economica di trasferirsi pare essere la prima motivazione al viverci. 

Per completezza d’informazione, c’è da dire che oggigiorno i progetti non mancano e in giro ci sono idee pensate in grande. Certo, tante parole, molti proclami, poche promesse e i fatti stanno ancora a zero. Vero è che l’amministrazione ha da poco preso possesso della guida comunale e il covid non ha dato respiro all’azione politica, pertanto, continuiamo a restare tutti speranzosi in un futuro migliore. Recenti dichiarazioni riguardanti un centro storico “che sia hub di innovazione e di incontro, nonché meta di ritorno degli investimenti che si faranno” e altre circa la volontà politica di “salvaguardare l’ambiente e l’immenso patrimonio agricolo” mi hanno fatto quasi sognare e saranno di certo ottimi banchi di prova per scoprire quanto passa tra il dire e il fare. 

Per motivare i cercatori di commenti e gli aspiranti cittadini mariglianesi si potrebbe concludere dicendo (e sperando) che peggio del presente non può andare.

Agli appartenenti al gruppo dal quale ho preso spunto per questo scritto, chiedo scusa per il mio commento social sbrigativo, una chiara provocazione, seppur con un fondo di verità. 

Io sono di Marigliano, lo sono da sempre e conosco questo posto in ogni suo angolo fisico e culturale. Non posso non voler bene a questo luogo, proprio per questo, cerco di osservarlo in maniera lucida, senza tifo di parte, senza esagerarne le bontà e senza chiudere gli occhi dinanzi alle cose brutte. Non si decide dove si nasce, poteva andarmi meglio, ma poteva andarmi pure peggio. Però, si decide dove restare e quello che si può fare è curare il mondo in cui si vive. I nostri figli, i nostri nipoti, i figli dei nostri amici che qui decideranno di trasferirsi, un giorno, nasceranno qui senza averlo chiesto e si troveranno davanti quello che noi gli abbiamo lasciato.

Benvenuti siano tutti quelli che intendono amare questo luogo.

 

 

 

 
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